27 Mag 2011
RAPPORTO AMNESTY 2011.
NUOVI STRUMENTI VIRTUALI POTENTI ALLEATI DEI DIRITTI UMANI.
PREOCCUPANTE LA SITUAZIONE DEI DIRITTI UMANI IN ITALIA
Le rivolte in Nord Africa e in Medio Oriente sono un segnale della crescente richiesta di libertà e giustizia che trova nei nuovi strumenti del mondo virtuale dei potenti alleati. E’ il tema al centro del Rapporto 2011 di Amnesty International, che come ogni anno descrive anche la situazione dei diritti umani nei diversi Paesi del mondo. “Il 2010 potrà essere senz’altro ricordato come un anno di svolta in cui attivisti e giornalisti hanno utilizzato nuove tecnologie per mettere il potere di fronte alla verità e, nel farlo, hanno promosso un maggior rispetto dei diritti umani. È stato anche l’anno in cui governi repressivi si sono trovati davanti alla concreta possibilità di avere ormai i giorni contati” , scrive Amnesty nell’introduzione. “Un esempio straordinario e al contempo tragico di quanto può essere potente l’azione del singolo se amplificata dai nuovi strumenti del mondo virtuale è dato dalla vicenda di Mohamed Bouazizi. Nel dicembre 2010, Mohamed Bouazizi, un venditore ambulante di Sidi Bouzid, in Tunisia, si è dato fuoco davanti al municipio per protestare contro le vessazioni della polizia, l’umiliazione, le difficoltà economiche e il senso di impotenza sperimentato dai giovani come lui. Le parole che descrivevano il suo gesto di disperazione e di sfiducia hanno viaggiato in tutta la Tunisia, tramite i cellulari e Internet e quelle parole sono riuscite a galvanizzare il dissenso covato per lungo tempo rispetto a un governo oppressivo, con conseguenze del tutto impreviste. Mohamed Bouazizi è morto per le ustioni che si era procurato, ma la sua rabbia è sopravvissuta sotto forma di protesta per le strade del suo paese. Gli attivisti tunisini, un gruppo che comprende tra gli altri sindacalisti, membri dell’opposizione politica e giovani (alcuni dei quali si erano organizzati sulla rete) sono scesi in piazza per manifestare il loro sostegno alle rivendicazioni di Mohamed Bouazizi. Attivisti di lunga data si sono quindi uniti ai giovani manifestanti per sfidare la repressione del governo tunisino, utilizzando i nuovi strumenti. Quest’ultimo ha cercato di attuare un rigido oscuramento dei mezzi di informazione e ha bloccato l’accesso individuale a Internet ma, grazie alle nuove tecnologie, le notizie si sono diffuse rapidamente. I manifestanti hanno ribadito che la loro rabbia scaturiva dalla brutale repressione del governo nei confronti di chi osava sfidare il suo autoritarismo, oltre che dalla mancanza di opportunità economiche, in parte causata dalla corruzione del governo. A gennaio, a meno di un mese dal gesto disperato di Mohamed Bouazizi, il governo del presidente Zine El ‘Abidine Ben ‘Ali è caduto ed egli ha lasciato il paese, rifugiandosi a Jeddah, in Arabia Saudita. Il popolo tunisino ha celebrato la fine di oltre 20 anni di un regime impunito, aprendo la strada al ripristino di un governo eletto, partecipativo e rispettoso dei diritti. La caduta del governo di Ben ‘Ali ha avuto ripercussioni nell’intera regione e nel mondo”, come dimostrano gli ultimi accadimenti in Medio Oriente e nel Nord Africa.
Come già detto, come di consueto, Amnesty fa il punto della situazione sui diritti umani nei diversi Paesi del Mondo. Il quadro che fa dell’Italia è preoccupante e così lo tratteggia all’inizio del capitolo riguardante il nostro Paese:“I diritti dei rom hanno continuato a essere violati e gli sgomberi forzati hanno contribuito a spingere sempre più nella povertà e nell’emarginazione le persone colpite. Commenti dispregiativi e discriminatori formulati da politici nei confronti di rom, migranti e persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender hanno alimentato un clima di crescente intolleranza. Ci sono state nuove violente aggressioni omofobe. I richiedenti asilo non hanno potuto accedere a procedure efficaci per ottenere protezione internazionale. Sono continuate le segnalazioni di maltrattamenti a opera di agenti delle forze di polizia o di sicurezza. Non sono cessate le preoccupazioni circa l’accuratezza delle indagini sui decessi in carcere e su presunti maltrattamenti. L’Italia ha rifiutato di introdurre il reato di tortura nella legislazione nazionale”.
IL CAPITOLO SULLA SITUAZIONE IN ITALIA