13 Mag 2015
Se i numeri che circolano sulla redistribuzione dei migranti sono quelli diffusi dalla stampa in questi giorni, dai 5 mila ai 20 mila, l’Agenda per l’immigrazione preparata dal commissario Dimitri Avramopulos per il 13 maggio non rappresenterà di certo una svolta: 20 mila, infatti, sono i migranti che sbarcano in una sola estate sulle coste italiane.
Potrebbe comunque rappresentare un passo in avanti l’applicazione dell’articolo 78.3 del Trattato di Lisbona, finora mai utilizzato, secondo cui “qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata da un afflusso improvviso di cittadini di Paesi terzi, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare misure temporanee a beneficio dello Stato membro o degli Stati membri interessati”. Ma nel momento in cui scriviamo non c’è ancora accordo su questa misura, anche se l’Agenda per il resto è stata approvata. Grazie al suddetto articolo, la Commissione potrebbe evitare la trappola dell’unanimità, ma in ogni caso dovrebbe contare sulla maggioranza qualificata, anche questa difficile da raggiungere dal momento che molti Paesi proprio non vogliono saperne di quote obbligatorie di migranti da accogliere.
L’Agenda parla anche di aiuto ai Paesi di origine e transito dei migranti, controllo delle frontiere a sud della Libia e nei paesi limitrofi, missioni di sicurezza e difesa contro trafficanti e scafisti.
Le prospettate missioni di sicurezza e di difesa fanno parlare le associazioni di venti di guerra. E, in effetti, l’Alto Rappresentante per la politica estera dell’Unione, Federica Mogherini, parla di un’operazione militare da condurre sulle coste libiche per la distruzione delle imbarcazioni usate dai trafficanti, la cui realizzazione è però legata all’avvallo dell’Onu.
Della necessità di quote vincolanti, e non solo, ha parlato nei giorni scorsi anche il Parlamento europeo. L’UE, secondo il Parlamento, dovrebbe fare tutto il possibile per evitare ulteriori perdite di vite umane in mare, ad esempio ampliando il mandato dell’operazione “Triton” per includere anche “le operazioni di ricerca e soccorso a livello di UE”. Inoltre, come dicevamo, per il Parlamento la Commissione dovrebbe fissare una quota vincolante per la ripartizione dei richiedenti asilo tra tutti gli Stati membri e più finanziamenti ai programmi di reinsediamento. Sono proposte messe nero su bianco con una Risoluzione, non vincolante, approvata il 23 aprile diretta a “fornire una risposta ai tragici eventi accaduti di recente nel Mediterraneo e alle conclusioni del Consiglio europeo del 23 aprile 2015. La Risoluzione propone “una serie di misure urgenti da adottare immediatamente, tenendo presente che la Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, competente per il merito, sta al momento elaborando una relazione che rifletterà gli orientamenti programmatici a medio e lungo termine del Parlamento in materia di migrazione”. Importante è che la Risoluzione ponga la questione dell’utilizzo dei visti umanitari e dell’applicazione della direttiva del 2001 sulla protezione temporanea.
I deputati invitano l’UE e i suoi Stati membri “a definire un mandato chiaro per Triton, in modo da ampliarne l’ambito di intervento e il mandato per le operazioni di ricerca e soccorso a livello di UE” (attualmente, Triton è coordinato dall’agenzia UE Frontex e la sua missione si estende fino a 30 miglia nautiche dalle coste italiane). Per i deputati, inoltre, gli Stati membri, dovrebbero “fare tutto il possibile per identificare i corpi e le persone scomparse” e “fornire le risorse necessarie a garantire che gli obblighi di ricerca e soccorso siano di fatto rispettati”, incluso un aumento di fondi per Frontex e l’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO.
In particolare, chiedono che “sia messa a punto un’operazione umanitaria europea di ricerca, solida e permanente, che, come Mare Nostrum, sia operativa in alto mare e alla quale contribuiscano tutti gli Stati membri sia con risorse finanziarie che con attrezzature e mezzi” e sollecita l’UE a cofinanziare tale operazione.
Il Parlamento deplora che il Consiglio europeo del 23 aprile non si sia impegnano per istituire un meccanismo vincolante di solidarietà in tutta l’UE. Per rispondere alle recenti tragedie nel Mediterraneo con “solidarietà e equa ripartizione della responsabilità”, i deputati affermano che:
la Commissione europea dovrebbe fissare una “quota vincolante” per la ripartizione dei richiedenti asilo tra tutti i paesi UE;
gli Stati membri dovrebbero utilizzare appieno le possibilità esistenti per il rilascio dei visti umanitari e prendere in seria considerazione la possibilità di applicare la direttiva del 2001 sulla protezione temporanea oppure l’articolo 78, paragrafo 3, TFUE, i quali prevedono entrambi un meccanismo di solidarietà in caso di afflusso massiccio e improvviso di sfollati;
i paesi dell’Unione europea dovrebbero fornire un maggiore contributo ai programmi di reinsediamento esistenti;
le regole del sistema europeo comune di asilo devono essere rapidamente e integralmente recepite nel diritto nazionale e attuate da tutti gli Stati membri partecipanti.
Esprime “discreta soddisfazione” per la Risoluzione il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR).
“Finalmente si parla di visti umanitari che dovrebbero essere rilasciati a persone che hanno bisogno di un paese di asilo. Anche l’auspicata concessione di protezione temporanea in tutta l’Unione Europea – con i suoi meccanismi di ingresso regolare già previsti dalla normativa europea mai attivata prima e che potrebbe essere applicata innanzitutto ai rifugiati siriani – potrebbe dare un segnale importante per creare finalmente alternative al dramma dei barconi e della perdita di vite umane sulla via verso l’Europa. Anche grazie a questi punti la risoluzione va ben avanti rispetto alle decisioni prese dai capi di governo del Consiglio Europeo del 23 aprile”.
Per il CIR “creano speranza anche le parole del Presidente del Consiglio Europeo Juncker che parlano di aprire porte di ingresso regolare per arrivare in modo sicuro in Europa. Dopo anni di discussione, proposte e studi di fattibilità che non hanno mai trovato una vera risonanza politica, né azioni concrete, la risoluzione adottata in larghissima maggioranza potrebbe segnare un cambio di rotta.
“Tuttavia tra intenzioni e azioni il passaggio non è scontato” dichiara Christopher Hein, direttore del CIR “Alla fine non saranno né il Parlamento Europeo né la Commissione ad avere il potere di aprire le porte, ma i governi degli Stati membri che, purtroppo, non hanno incluso nell’agenda approvata pochi giorni fa proprio le proposte più rilevanti di questa risoluzione”.