12 Mar 2014
di Ciro Spagnulo
Ancora un traguardo per unsolomondo. Questo mese festeggia il quinto anno di vita. Sono stati cinque anni spesi a combattere un sistema di regole che prima costringe lo straniero all’irregolarità e poi, da regolare, ad una vita difficile.
E’ un impegno che tuttora non può cessare perché anno dopo anno questo sistema è stato addirittura inasprito e anche tale inasprimento ha contribuito all’involuzione del Paese.
Proprio in questi giorni entra in vigore uno dei frutti avvelenati di questo accanimento, il cosiddetto “accordo di integrazione”, che subordina il soggiorno del nuovo arrivato all’acquisizione di un certo numero di crediti formativi, cioè trasforma un diritto di libertà nell’oggetto di un ‘contratto’, i cui termini, peraltro, sono stabiliti solo da uno dei due contraenti, lo Stato.
Dopo, come già avviene per tutti gli altri, per il nuovo arrivato c’è la tagliola del “contratto di soggiorno”, cioè il suo diritto a restare è condizionato, rinnovo dopo rinnovo, all’esistenza di un rapporto di lavoro, proprio o di un familiare. A meno che non raggiunga il traguardo del titolo di soggiorno illimitato, obiettivo sempre più difficile in un periodo di gravissima crisi economica e di forte precarietà.
E che dire del tema della cittadinanza? Dopo anni di dibattito la politica non è riuscita a legiferare nemmeno a favore delle centinaia di migliaia di bambini “stranieri” nati in Italia.
Rimangono dunque tutti validi i motivi della nascita di unsolomondo, anche quelli legati alla necessità di dare un contributo razionale al dibattito pubblico sull’immigrazione.
Quest’ultima necessità è anzi più che mai attuale perché sull’onda delle sofferenze sociali ed economiche determinate della lunga, terribile crisi, tale dibattito rischia di essere riconsegnato agli imprenditori della paura, come già sta succedendo in varie parti d’Europa.