15 Giu 2011
ALCUNI DATI DELLA RICERCA IRES
I LAVORATI IMMIGRATI
NEL SETTORE SOCIO SANITARIO
IN EMILIA ROMAGNA
Nel lavoro pubblico ed in particolare nel settore socio-sanitario è boom di lavoratori migranti, almeno stando ai dati sugli iscritti al sindacato di categoria della Cgil. Lo dimostra una ricerca dell’Istituto ricerche economiche e sociali (Ires) dell’Emilia-Romagna, presentata nei giorni scorsi a Bologna con un convegno dalla Fp-Cgil regionale. Nella categoria in Emilia-Romagna gli immigrati sono l’8,2% del totale degli iscritti con un aumento del 12% nell’ultimo anno”. Nel comparto socio-sanitario, poi, si arriva a oltre il 24% del totale con punte del 43% a Parma e del 40% a Piacenza. Anche negli altri settori privati la percentuale è alta perchè arriva oltre il 24% nell’igiene ambientale privata e quasi al 20% nella sanità privata.
L’approfondimento dell’Ires, curato da Matteo Rinaldini e Cristina Nicolosi, rileva poi che nel comparto socio-sanitario l’area di maggiore presenza di lavoratori migranti è l’assistenza agli anziani (fino a punte del 70%), mentre sono più basse le percentuali nel caso dei disabili (non si supera il 40%) e soprattutto nel settore educativo, “dove si individuano- si legge nel report- poche decine di soggetti in tutta la regione”.
Il tasso di occupazione degli immigrati, con la crisi, è passato dal 67% al 64% mentre il tasso di occupazione degli italiani autoctoni dal 58% al 57%. Per la disoccupazione si è passati dall’8,8% al 12,6% tra gli stranieri e dal 6,9% all’8,2% tra gli italiani: “In sostanza gli stranieri vengono in Italia sia per lavorare che per fare i disoccupati e risulta chiaro che sono licenziabili molto più degli italiani”.
La retribuzione netta di un lavoratore migrante è in media inferiore del rispetto a quella di un italiano, con uno scarto che arriva fino al 28% per le donne. “Gli immigrati vanno a ricoprire le fasce deboli del mercato del lavoro- afferma Gianni Paoletti, della Segreteria regionale FP CGIL Emilia Romagna- sia perchè una parte dei lavori gli italiani non vogliono più farli alle condizioni date, sia perchè gli immigrati sono più ricattabili e sono costretti ad accettare condizioni più sfavorevoli”.
Alla luce di questi dati, “abbiamo la necessità di responsabilizzare gli enti locali anche rispetto alle problematiche specifiche dei lavoratori immigrati”, dice ancora Paoletti, ricordando che “anche quando c’è un appalto è comunque l’ente pubblico che deve farsi carico della responsabilità politica e amministrativa di una gestione che rispetti le specificità e i diritti di tutti i lavoratori, compresi gli immigrati”. Infine, sottolinea, per quanto riguarda il sindacato, per la Fp è necessario “rafforzare la nostra iniziativa nei confronti degli immigrati”, ma anche “stimolare la partecipazione diretta degli immigrati all’attività sindacale anche come delegati”, che secondo la ricerca sono ancora molto pochi. La stessa presenza di stranieri nei direttivi del sindacato, “che è fra le regole che ci siamo dati come Cgil- conclude Paoletti- non può essere un obiettivo burocratico ma un obiettivo reale”.
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