14 Mag 2012 cie, convegno, presidio,
Premessa importante e largamente condivisa nei quattro tavoli di discussione del convegno bolognese “Quali alternative ai Cie? Prospettive e proposte” svoltosi il 10 maggio a Bologna è stata la necessità di un decisivo superamento della Bossi Fini, ritenuta artefice di una larga parte della produzione di clandestinità amministrativa nel nostro paese, nell’ottica del rispetto delle convenzioni internazionali firmate, ma inapplicate dall’Italia, come quelle contro la tortura, contro la violazione dei diritti umani, seguendo l’idea espressa nel recentemente pronunciamento della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del Senato.
Oltre al rispetto dei diritti dei minori e dei richiedenti asilo e dell’applicazione della convenzione di Ginevra, si è auspicata l’adozione della convenzione Onu sui diritti dei lavoratori. Open society Foundation ha invece denunciato la pericolosità delle esternalizzazioni della detenzione dei migranti all’estero “Vi è la necessità – ha detto Costanza Hermann – di un lavoro di advocacy internazionale con le istituzioni europee: per questo faremo rapporto nella prossima visita dei referenti del comitato prevenzione e tortura del Consiglio d’Europa in Italia e all’arrivo del rapporteur dell’Onu, a settembre, forniremo dati ed alternative”.
Dal punto di vista della riduzione dei problemi d’identificazione tutti italiani, la proposta si è focalizzata su percorsi che puntino alla riduzione della clandestinità avviando un differente iter in entrata che superi la logica dei flussi, prevedendo la registrazione al consolato o all’ambasciata per visto turistico, riconvertibile poi in visto lavorativo, con la possibilità di rientro in Italia dopo un certo arco temporale. Ma anche l’estensione dell’art. 18 per le vittime dello sfruttamento lavorativo; l’adozione dei permessi per giustizia; leggi su ius soli e cittadinanza che possano essere ampliate ai familiari in modo da avere una gamma di soggetti esclusi, per diritto inclusivo, dall’illegalità amministrativa.
È inoltre in studio l’estensione su territorio nazionale, del percorso di azione popolare (ex art.9, comma 1, d.lgs. 18.08.2000, n.267), avviato contro il Cie di Bari dove, con l’iniziativa legale class action procedimentale, i cittadini si sono sostituiti al commune citando in giudizio la Presidenza del consiglio dei ministri, il Ministero dell’interno e il prefetto perché rispondano alla violazione dei diritti umani nel Cie a seguito di due accertamenti di verifica delle condizioni interne che si sono rivelate per molti versi inadeguate. “Abbiamo chiesto l’accertamento da parte del tribunale relativamente alla dichiarazione della struttura come detentiva e, tra le altre cose, mancante di un presidio sanitario nazionale a tutela dell’integrità fisica e psichica delle persone trattenute: attendiamo una risposta a luglio – ha spiegato l’avv. Luigi Paccione – La difesa della violazione dei diritti umani all’interno dei Cie è responsabilità della società civile laddove le istituzioni siano mancanti: una società civile che noi rappresentiamo con lo strumento della sovranità sociale quale rimedio democratico per superare le fragilità delle strutture pubbliche”.
Il convegno “Quali alternative ai Cie? Prospettive e proposte” si è svolto nell’ambito di Transeuropa Festival e promosso da European Alternatives, Rete primo marzo, associazione Giù le frontiere, LascieteCIEntrare, People power partecipation.
http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/7370/
FOTO:
http://www.facebook.com/media/set/?set=a.3868978292239.2164829.1512039352&type=3