OPERAIO MODENESE LICENZIATO E REINTEGRATO DUE VOLTE. IL 25 OTTOBRE LA CORTE D’APPELLO METTE FINE ALLA LUNGA VERTENZA DI REMO DI LEGGE, RESPINGENDO L’ULTIMO RICORSO DELLA TECMEA

09 Nov 2012

Modena, 9 novembre 2012

Dopo 7 anni trova conclusione la lunga vicenda personale e processuale di Remo Di Legge, operaio metalmeccanico di 5° livello, licenziato per ben 2 volte dalla Tecmea di Modena e per ben due volte reintegrato dal giudice del lavoro. Il ricorso in appello dell’azienda, è stato respinto definitivamente il 25 ottobre scorso dai giudici della Corte di Appello di Bologna, con pieno accoglimento delle difese giuridiche di Fiom/Cgil e dell’avvocato Fabrizio Fiorini dello studio Bova & Fiorini.

La storia di Remo Di Legge è nota da tempo alle cronache locali e nazionali.

Nel giugno 2005 viene sospeso dal lavoro con l’accusa di furto di materiale aziendale e di aver provocato risse all’interno del luogo di lavoro. Alla sospensione segue, dopo 20 giorni, il licenziamento. Il successivo tentativo di conciliazione presso la Dpl promosso dalla Fiom/Cgil, non ha dato alcun esito per la mancata presentazione dell’azienda.

La Fiom procede a impugnare il licenziamento per giusta causa con procedura d’urgenza (art.700 del Codice di Procedura di Civile), essendo la mancanza di lavoro, grave pregiudizio per il sostentamento di Remo Di Legge.

Nell’ottobre 2005, il giudice del lavoro di Modena considera illegittimo e ingiustificato il licenziamento e ordina l’immediato reintegro.

Il rientro in azienda non è però facile, nel giro di 24 ore il lavoratore viene nuovamente licenziato con la motivazione “che non esito a definire pretestuosa – spiega Massimo Valentini della Fiom/Cgil – visto che in così poche ore non ci si può certo rendere conto della scarsa produttività del lavoratore”.

Segue nuovo ricorso della Fiom ex art 18 dello Statuto dei Lavoratori che porta ad una nuova sentenza di condanna dell’azienda, nel gennaio 2006, sentenza che definisce illegittimo anche il successivo licenziamento e dispone il nuovo reintegro del lavoratore.

Il lavoratore, avendo sempre rifiutato le accuse precedenti ed essendo seriamente intenzionato a rientrare a lavorare, si trova però nuovamente messo fuori dal luogo di lavoro. Il datore di lavoro, infatti, anziché ottemperare all’ordine del Tribunale di reintegrare il lavoratore nel proprio posto di lavoro, gli impedisce di riprendere servizio e, al contempo, gli versa regolarmente la retribuzione.

E’ un grosso colpo per il lavoratore che avrebbe voluto riprendere seriamente l’attività lavorativa e che per di più si vede decurtata la retribuzione del cosiddetto 3° elemento contrattuale (200 euro netti in meno al mese) per decisione discrezionale dell’azienda.

Il lavoratore quindi non può lavorare, percepisce lo stipendio decurtato e deve affrontare un nuovo grado di giudizio perché l’azienda ricorre in appello per ottenere il risarcimento economico di tutte le retribuzioni elargitegli fino al pensionamento avvenuto il 30/6/2011.

Il 25 ottobre 2012, la sentenza della Corte di appello di Bologna, mette fine alla lunga vertenza respingendo l’appello dell’azienda, condannata anche alla rifusione delle spese legali.

“Un tal accanimento da parte dell’azienda – aggiunge ancora Valentini della Fiom/Cgil – era finalizzato a colpire un delegato sindacale, iscritto alla Fiom, più volte ri-eletto Rsu, nonché rappresentante per la sicurezza (Rls), che faceva valere i diritti dei lavoratori e l’applicazione delle norme di salute e sicurezza dei lavoratori (legge 626/94). Visto che l’azienda non poteva licenziare in modo discriminatorio un delegato sindacale, ha licenziato il lavoratore con cause pretestuose verificate dal giudice come infondate e confermate dalle due sentenze”.

“L’art. 18, prima della riforma Fornero, ha garantito al lavoratore Remo Di Legge i diritti previsti dallo Statuto dei Lavoratori – spiega il sindacalista Fiom/Cgil – e lo ha ampiamente tutelato dal punto di vista della sua reputazione (“non è un ladro, non ha rubato nulla in azienda”)”.

“Oggi sicuramente l’art.18 è stato indebolito con la riforma Fornero, e il lavoratore ingiustamente licenziato, rischia di andare di fronte al giudice, dimostrare la sua innocenza, ma non ottenere la reintegra”.

La Fiom/Cgil, per questo, è impegnata a livello locale e nazionale alla raccolta delle firme a sostegno del referendum abrogativo del nuovo art.18, nonché dell’art.8 della legge 148/2011 che consente deroghe peggiorative a contratti e leggi.

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