11 Feb 2013
La Corte europea per i diritti dell’uomo ha condannato l’Italia per violazione del diritto all’unità familiare, a seguito di un’espulsione coattiva ai danni di una cittadina bosniaca di etnia rom disposta dalla Prefettura di Teramo. Ne ha dato notizia con un comunicato stampa Progetto Diritti onlus., che ha seguito la vicenda.La vicenda è stata seguita dall’associazione Progetto Diritti.
Il ricorso era stato inoltrato alla Corte di Strasburgo il 2 settembre del 2005. La Corte, esaminati gli atti, dispose, lo stesso giorno, la sospensione della procedura di rimpatrio, ritenendo che la decisione adottata dalle autorità italiane, rivolta ai danni di una donna madre di cinque figli minorenni e il cui marito era titolare di permesso di soggiorno, costituiva una restrizione ingiusta, sproporzionata e inutilmente restrittiva del diritto al sereno godimento della vita familiare.
Nonostante la sospensione decretata dalla Corte la signora veniva trasportata coattivamente a Sarajevo, lontano dalla sua famiglia, il 6 settembre dello stesso anno. Sono stati necessari circa 14 mesi per far rientrare in Italia la ricorrente, in ottemperanza a quanto stabilito dalla Corte e sotto la costante supervisione dei giudici europei. Solo nel corso nell’anno 2011 le autorità italiane hanno concesso all’interessata un permesso di soggiorno per motivi familiari.