27 Mar 2013
di M. Elisabetta Vandelli
Nuovamente due Tribunali chiedono l’intervento della Corte Costituzione affinche’ dichiari per l’ennesima volta l’incostituzionalità dell’ art. 80, comma 19, della Legge 23 dicembre 2000 n° 388 (finanziaria 2001) nella parte in cui subordina la concessione delle prestazioni di invalidità “al possesso della carta di soggiorno e dunque anche al requisito della durata del soggiorno medesimo nel territorio dello Stato”.
L’INPS infatti ha rigettato la domanda di riconoscimento della indennità di accompagnamento, presentata dai genitori per i figli minori disabili, in quanto cittadini extracomunitari non in possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti lungo periodo. Questo in virtù del fatto che la normativa censurata subordina l’erogazione dell’assegno sociale, e delle altre provvidenze economiche, ai cittadini stranieri, al possesso della carta di soggiorno. Per ottenere tale documento occorrono diversi requisiti tra cui la residenza legale sul territorio italiano da almeno 5 anni.
Dunque, secondo la Legge finanziaria 2001 a cui fa’ eco l’INPS, l’erogazione delle provvidenze economiche in favore dei cittadini stranieri disabili dovrebbe essere subordinata anche ad un requisito temporale di anzianità di residenza.
Cio’ comporta una grave discriminazione.
Infatti la disposizione enunciata finisce per creare un’evidente ed ingiustificata disparità di trattamento, in ordine a diritti fondamentali della persona, nei confronti dei cittadini stranieri, pur legalmente soggiornanti nel territorio dello Stato, introducendo una variegata gamma di presupposti limitativi, contrassegnati da diversi requisiti, in tema di prestazioni che, in base alla legge, sono configurate come «diritti soggettivi» e proprio nei confronti di soggetti portatori di gravi patologie ed invalidità, e dunque particolarmente bisognevoli di specifiche misure di assistenza.
Un tale fattore discriminatorio risulta in contrasto con l’art. 14 della Cedu (Convenzione Europea sui Diritti dell’ Uomo) e, quindi anche con gli artt. 117, primo comma, della Costituzione. Si viene a ledere così anche il principio enunciato dagli articoli 3 Cost. e dall’art. 32 Cost. in quanto si nega “la tutela del diritto alla salute a parità di condizioni ai cittadini regolarmente soggiornanti sul territorio dello Stato”.
Non è la prima volta che la Consulta si pronuncia in merito a tale norma dichiarandola incostituzionale. Già nelle sentenze n. 187/ 2010 e n. 11/ 2009 riguardanti sempre l’art. 80, coma 19, della Legge finanziaria del 2001, la Corte Costituzionale si era espressa definendo come le provvidenze economiche “rappresentino uno strumento indispensabile per assicurare le minime esigenze di vita.”. E tale norma, laddove subordina la concessione di tali provvidenze al possesso della Carta di soggiorno, contrasta con gli articoli della Costituzione predetti discriminando irragionevolmente gli stranieri in ordine al godimento di diritti fondamentali della persona, negando il diritto alla salute.
Non è possibile, infatti, presumere in modo aprioristico che stranieri non autosufficienti, titolari di un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo – in quanto già presenti in precedenza sul territorio nazionale in base a permesso di soggiorno protratto per cinque anni – versino in stato di bisogno o disagio maggiore rispetto agli stranieri che, sebbene anch’essi regolarmente presenti nel territorio nazionale, non possano vantare analogo titolo legittimante”.
http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=2649&l=it
http://www.asgi.it/public/parser_download/save/corte_cost_sent_40_2013.pdf