LA CRISI SCUOTE E RIMESCOLA LA GEOGRAFIA DELL'INTEGRAZIONE. NEL NORD EST TIENE SOLO L'EMILIA ROMAGNA

12 Set 2013

 

LA CRISI SCUOTE E RIMESCOLA LA GEOGRAFIA DELL’INTEGRAZIONE. NEL NORD EST TIENE SOLO L’EMILIA ROMAGNA

di Ciro Spagnulo

 

L’acuirsi della crisi economico-occupazionale modifica la geografia dei territori italiani a più alto potenziale di integrazione.

Lo registra il IX Rapporto CNEL sugli Indici di integrazione degli immigrati in Italia.

Nel 2011 la regione a più alto potenziale di integrazione degli immigrati è il Piemonte, con un indice inferiore di ben 8 punti a quello che nel 2009, anno di riferimento del rapporto precedente, consentiva al Friuli Venezia Giulia di guidare la stessa graduatoria.

Adesso, invece, il Friuli V. G. si colloca al 4° posto, peraltro con un indice di circa 10 punti inferiore rispetto al precedente.

Al 2° e al 3° posto si collocano, nell’ordine, l’Emilia Romagna e la Liguria.

Una situazione analoga si rileva tra le province. Macerata, Mantova e Imperia sostituiscono Trieste, Prato e Reggio Emilia, che avevano i potenziali di integrazione più alti d’Italia.

Trieste è addirittura scesa al 30° posto e Macerata balza dal 6° posto alla guida con un indice cresciuto di poco più di un punto centesimale in 2 anni.

Il rimescolamento riguarda anche le grandi aree del Paese. Tutto il Nord Est, ad eccezione dell’Emilia Romagna, conosce una così notevole contrazione del proprio potenziale di integrazione da precipitare dal 2° al 4° posto, tra le Isole e il Sud. Al 1° troviamo il Nord Ovest e al 2° il Centro.

La situazione del Nord Est si spiega oltre che con il ridimensionamento del Friuli V. G. con uno ancor più sorprendente del Veneto (-11 punti). Contribuisce anche il Trentino Alto Adige che perde 4 punti del proprio potenziale.

“In effetti”, spiega il Rapporto, “durante questo periodo il Nord Est ha sofferto in maniera quanto mai intensa gli effetti della crisi sul proprio sistema produttivo”.

Le piccole e medie imprese che lo caratterizzano sono proprio quelle che hanno pagato il prezzo più alto alla crisi globale dei mercati e dell’economia. Hanno conosciuto chiusure o forti contrazione di vendite, produzione e personale, con una conseguente crisi occupazionale gravissima.

Come accennato, nel Nord Est l’unica eccezione è costituita dall’Emilia Romagna. Anch’essa ha conosciuto dal 2009 un lieve calo dell’indice del potenziale di integrazione degli immigrati, “ha comunque <tenuto botta> rispetto all’andamento generale sia del Paese che della popria area geografica di appartenenza, salendo dalla 5^ alla 2^ posizione della relativa graduatoria per regioni”.

Addirittura è l’unica regione dell’area che migliora a fronte di un peggioramento del complessivo livello di inserimento occupazionale degli immigrati. “E, in effetti, proprio questo fattore rappresenta il punto di forza dell’attuale potenziale di integrazione dell’Emilia Romagna.

NOTA-Il Cnel misura il potenziale di integrazione delle grandi aree nazionali, delle regioni e delle province tenendo conto di tre indici: attrattività territoriale, inserimento sociale e inserimento occupazional. Ognuno degli indici viene determinato da una serie di indicatori.

LEGGI: http://www.cnel.it/29?shadow_ultimi_aggiornamenti=3484

 

 

 

ATTRATTIVITÀ, INSERIMENTO SOCIALE E INSERIMENTO OCCUPAZIONALE

di Ciro Spagnulo

 

Il grado maggiore di attrattività degli immigrati è della Lombardia. Seguono l’Emilia Romagna e il Veneto.

La Lombardia vanta la più alta densità demografica (44,6 residenti per kmq contro la media nazionale di 15,2); il più elevato grado di stabilità delle presenze con un’incidenza media di minorenni tra gli stranieri residenti pari al 24,2% contro una media nazionale del 21,7%; la più elevata quota di incremento annuo (quasi un quarto di tutti i nuovi residenti stranieri registratisi in Italia nel 2011).

L’Emilia Romagna detine l’incidenza più alta. 11,3% contro una media nazionale del 7,5%.

E’ della valle d’Aosta il tasso di natalità straniero più elevato: 21,3 nati ogni 100 rsidenti contro una media nazionale di 17,7.

Tra le province la massima attrattività è detenuta da Brescia. Seguono Prato, Bergamo, Milano, Modena e Reggio Emilia.

Le migliori codizioni complessive di inserimento sociale degli immigrati si registano “significativamente” in due regioni medio-piccole a statuto speciale: il Trentino A. A. e la Valle d’Aosta. Ancora una volta

i Rapporti CNEL registrano che “autonomia amministrativa e ridotte dimensioni geo-demografiche favoriscono l’inserimento sociale degli immigrati in loco, anche grazie a politiche di integrazione che, potendo esere più mirate alle esigenze specifiche del territorio, sono in grado di sostenervi con maggiore puntualità e efficacia i processi di inserimento”. Lo conferma anche la situazione delle province, la quale vede ai primi posti trento, biella e Lucca.

Di contro i grandi capoluoghi metropolitani sono collocati nelle zone più basse della classifica, come Napoli, Firenze, Venezia, Roma e Milano.

Più nel dettaglio, è il Trentino A. A. che vanta il più alto tasso di soggiorno stabile con il 65,8% di lungosoggiornanti (carta di soggiorno). Il Molise è la regione dove il costo medio pro capite di affitto al mq per un rsidente straniero è più basso (44 euro contro 119 di media nazionale). Sardegna (32,3%), Trentino A.A (30,4%) e Lazio (30,1%) sono le regioni dove più consistente è la quota di alunni stranieri che scelgono un percorso di istruzione liceale piuttosto che istituti tecnici, artistici, professionali.

Dall’indice di inserimento occupazionale arrivano segnali assai negativi. Seppure gli immigrati in precedenza hanno mostrato una tenuta occupazionale migliore rispetto agli italiani, attualmente hanno gli stessi problemi. Nel 2011 il tasso di inattività è aumentato di mezzo punto (29,1%) e il tasso di occupazione è sceso al 62,3%. La riduzione è stata più accentuata nel Centro-Sud. Gli stranieri che cercano lavoro sono aumentati da 240mila nel 2009 a 300mila nel 2011 e si tratta perlopiù di persone adulte che svolgono un ruolo fondamentale nella costituzione dei redditi familiari. Preoccupante è anche l’aumento della quota di disoccupati in carca di lavoro da un anno e più. il 42,6%.

Per di più il peggioramento dei fondamentali occupazionali (tasso di occupazione e di disoccupazione) si innesta ancora su una situazione di canalizzazione verso settori di bassa qualificazione e, quindi, tra l’altro, di bassi salari. Nemmeno la prulungata residenza in Italia sembra migliorare questa situazione: la percentuale di stranieri occupati in professioni qualificate, infatti, passa dal 6,1% per chi risiedein Italia da non più di u anno ad appena il 7,1% per chi vive nel nostro paese da ameno dieci anni, mentre la quota di quanti svolgono una professin non qualificata rimane pari a cica un terzo (31,9%) a prescindere dagli anni di residenza e di lavoro.

 

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