30 Set 2013
Nel suo IX Rapporto sugli indici di integrazione degli immigrati in Italia per la prima volta il Cnel ha inserito l’indicatore della competenza linguistica tra quelli solitamente utilizzati per misurare il grado di inserimento sociale.
L’indicatore utilizza i dati pubblicati dal Ministero dell’Interno sui risultati dei test di lingua italiana sostenuti tra il dicembre 2010 e il dicembre 2011 da cittadini non comunitari ultra 14enni che, dopo almeno 5 anni di soggiorno regolare sul territorio nazionale, aspiravano così ad acquisire un permesso di soggiorno CE per lungo-soggiornanti, essendo l’accertamento della conoscenza dell’italiano di un certo livello un requisito indispensabile per ottenere questo permesso di durata illimitata, che sostituisce la vecchia carta di soggiorno. Analizzare i dati del Ministero rivela delle sorprese.
In testa alla graduatoria delle regioni con i livelli di competenza linguistica accertata più alti d’Italia figurano la Basilicata (78,5%) e la Puglia (74,8%), “due regioni che appartengono ad aree ancora generalmente di transito piuttosto che di radicamento permanente da parte degli immigrati, le quali -con tassi di superamento dei test che sfiorano rispettivamente i 4 quinti e i 3 quarti del totale- precedono rispettivamente il Lazio, il Piemonte, la Liguria l’Emilia Romagna, regioni di generale inserimento stabile delle presenze straniere, così come stupisce vedere , subito dopo i contesti menzionati, la Calabria (al 6° posto con il 68,5%) precedere, nell’ordine- sia pure con percentuali lievemente più basse- Umbria, Friuli V. G., Toscana, Valle d’Aosta e Marche. Situazioni, queste, che del resto hanno come corrispettivo il fatto, opposto, che regioni di grande insediamento, com la Lombardia e il Veneto occupano, nella medesima graduatoria, rispettivamente il 17° posto (64,5%) e l’ultima posizione (53,8%), inframmezzate da Abruzzo e Molise”.
Ovviamente, afferma il Cnel, è sufficiente un numero assoluto di prove positive tutto sommato contenuto per conoscere una percentuale comunque notevole di successo. Ipotizza anche che la motivazione ad acquisire un permesso come quello CE per lungo-soggiornanti, che non essendo soggetto a scadenza non richiede più la periodica dimostrazione di certi requisiti (in primis il lavoro) per il rinnovo, “sia più alta e stringente in luoghi (come ad esempio le regioni del Meridione)” dove la carenza di lavoro è sistemica e quindi è più facile scivolare nell’irregolarità.
Anche la graduatoria per province dà gli stessi risultati.