CORTE UE RENDE PIÙ FACILE RICONGIUNGERSI

30 Gen 2014

 

La Corte di Giustizia dell’Unione europea ha emanato il 16 gennaio tre importanti sentenze in materia di libertà di circolazione e soggiorno dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari. Qui ci occupiamo del caso della sig.ra Reyes, nata nel 1987 e cittadina filippina.

La sig.ra Reyes è stata affidata a sua nonna materna all’età di 3 anni, insieme alle sue due sorelle, in quanto sua madre si era stabilita in Germania per lavoro e per sopperire in tal modo alle esigenze della sua famiglia residente nelle Filippine. La madre della sig.ra Reyes ha ottenuto la cittadinanza tedesca. Nel dicembre del 2009, la madre della sig.ra Reyes si è stabilita in Svezia per convivere con un cittadino norvegese residente in tale Stato membro e con il quale essa si è poi sposata nell’estate del 2011. Dal 2009, quest’ultimo, che dispone di risorse derivanti da una pensione di vecchiaia, invia regolarmente del denaro alla sig.ra Reyes nonché agli altri familiari della moglie che vivono nelle Filippine. Da quando è giunta in Svezia, la madre della sig.ra Reyes non lavora e vive della pensione di vecchiaia del marito.

Prima di recarsi in Svezia, la sig.ra Reyes ha vissuto quattro anni a Manila (Filippine) con la sorella maggiore, nel frattempo deceduta. Tra i 17 e i 23 anni di età ha studiato. Dopo aver seguito una formazione comprendente tirocini, ha ottenuto la qualifica di infermiera ausiliare diplomata. Sostenuti gli esami, si è dedicata ad aiutare la sorella occupandosi dei suoi figli. La madre della sig.ra Reyes non ha cessato di conservare stretti vincoli con i propri familiari nelle Filippine, inviando loro ogni mese denaro per sopperire ai loro bisogni e finanziare i loro studi, nonché rendendo loro visita tutti gli anni. La sig.ra Reyes non ha mai avuto un’occupazione e non ha mai chiesto il beneficio di aiuti socio-assistenziali presso le autorità delle Filippine.

Il 13 marzo 2011 la sig.ra Reyes ha fatto ingresso nello spazio Schengen. Essa ha chiesto un permesso di soggiorno in Svezia il 29 marzo 2011 in qualità di familiare della madre e del coniuge norvegese di quest’ultima, dichiarando di vivere a loro carico. In data 11 maggio 2011, il Migrationsverket (Ufficio Immigrazione) ha respinto tale domanda, sostenendo che la sig.ra Reyes non aveva dimostrato che il denaro incontestabilmente inviatole dalla madre e dall’allora suo convivente fosse stato impiegato per sopperire ai suoi bisogni essenziali di vitto, alloggio e assistenza sanitaria nelle Filippine. Del pari, essa non avrebbe dimostrato in qual modo il sistema socio-assistenziale nel suo paese d’origine avrebbe potuto garantire assistenza a persone nella sua situazione. Per contro, essa avrebbe attestato di essere diplomata nel suo paese d’origine e di avervi frequentato tirocini. Peraltro, per tutta la sua infanzia e adolescenza, la ricorrente nel procedimento principale avrebbe vissuto a carico della nonna materna. Conseguentemente, il Migrationsverket ha ritenuto che essa non avesse dimostrato di essere a carico dei suoi familiari in Svezia.

La sig.ra Reyes ha contestato la decisione di rigetto del Migrationsverket dinanzi al Förvaltningsrätten i Göteborg – Migrationsdomstolen (Tribunale amministrativo di Göteborg competente in primo grado in materia di immigrazione), il quale ha respinto il ricorso. La situazione sociale della sig.ra Reyes non è stata considerata tale che essa non potesse sopperire alle proprie esigenze essenziali nel suo paese d’origine senza un aiuto materiale da parte della madre e del patrigno.

La sig.ra Reyes ha adito il Kammarrätten i Stockholm – Migrationsöverdomstolen (Corte d’appello amministrativa di Stoccolma competente in materia di immigrazione) impugnando la sentenza del Förvaltningsrätten i Göteborg – Migrationsdomstolen. Essa sostiene di non avere, malgrado i suoi studi, trovato un impiego nelle Filippine, ove la disoccupazione è endemica. A suo avviso, la madre e il patrigno non avrebbero inviato somme così ingenti e con tale regolarità se non fosse stato necessario per il sostentamento della famiglia. Il giudice del rinvio rileva che tra le parti del procedimento principale è controversa l’interpretazione della condizione relativa al fatto di essere «a carico», che compare all’articolo 2, punto 2, lettera c), della direttiva 2004/38. Decide di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’articolo 2, punto 2, lettera c), della direttiva [2004/38] debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro possa imporre, in talune circostanze, che un discendente diretto di età pari o superiore a 21 anni – per poter essere considerato a carico e, dunque, ricadere nella definizione di familiare ai sensi di tale disposizione – debba aver tentato attivamente, ma inutilmente, di trovare un posto di lavoro, chiedere un sostegno economico alle amministrazioni competenti dello Stato d’origine e/o provvedere in altro modo al proprio sostentamento.

2) Se, ai fini dell’interpretazione del requisito “a carico” di cui all’articolo 2, punto 2, lettera c), della direttiva [2004/38], assuma rilievo il fatto che un familiare – alla luce delle sue condizioni personali quali età, titolo di studio e stato di salute – sia ritenuto in possesso di ragionevoli possibilità di trovare un posto di lavoro e abbia altresì intenzione di iniziare a svolgere un’attività retribuita nello Stato membro, nel qual caso verrebbero a mancare i presupposti per considerare l’interessato quale familiare a carico [ai sensi di detta disposizione]».

Con la sentenza nella causa Reyes/Migrationsverket (C-423/12), la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha concluso:

1) che per poter essere considerato a carico di un cittadino dell’Unione europea e, dunque, titolare del diritto di soggiorno nello Stato membro, un discendente di età superiore ai 21 anni, cittadino di un Paese terzo, non è tenuto a dimostrare di aver tentato di garantire il proprio sostentamento nello Stato di origine in maniera diversa dal legame di dipendenza e dall’aiuto ricevuto dal cittadino dell’Unione, provando ad esempio di aver cercato inutilmente un’attività lavorativa o di aver richiesto un aiuto per il sostentamento dalle autorità del paese di origine;

2)che il fatto che un familiare sia considerato, alla luce di circostanze personali quali l’età, le qualifiche professionali e lo stato di salute, dotato di ragionevoli possibilità di trovare un lavoro e, inoltre, intenda lavorare nello Stato membro ospitante resta irrilevante ai fini dell’interpretazione della condizione di essere «a carico», prevista da detta disposizione.

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