“PERMESSO A PUNTI”. INIZIANO LE VERIFICHE

13 Feb 2014

 

Da marzo comincerà a produrre i suoi effetti l‘ accordo di integrazione voluto dall’ex ministro Roberto Maroni. In vigore dal 10 marzo 2012, ha introdotto il cosiddetto “permesso a punti”.

L’accordo consiste in un patto con il quale lo Stato si impegna a fornire allo straniero di età superiore ai 16 anni, che entra per la prima volta in Italia con un permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno, gli strumenti per la conoscenza della lingua, della cultura e dei principi generali della Costituzione italiana; il nuovo venuto. Invece, si impegna a seguire un percorso di integrazione.

All’atto della stipula del patto presso lo Sportello Unico Immigrazione delle Prefetture, allo straniero sono assegnati 16 crediti che possono essere incrementati mediante l’acquisizione di determinate conoscenze (lingua italiana, cultura civica e vita civile in Italia) e lo svolgimento di determinate attività (percorsi di istruzione e formazione professionale, titoli di studio, iscrizione al servizio sanitario nazionale, stipula di un contratto di locazione o di acquisto di una abitazione…). Il primo passo verso la conferma dei crediti acquisiti è la frequentazione gratuita di una sessione di formazione civica e di informazione, che ha una durata variabile da 5 a 10 ore, organizzata dalle Prefetture.

L’accordo prevede che entro due anni lo straniero raggiunga la quota di almeno 30 crediti per potere rimanere sul territorio italiano. Questi, oltre ad essere accumulati, possono essere anche persi in alcuni casi come la commissione di reati o di gravi violazioni della legge.

A decorrere da marzo 2014 a livello nazionale saranno sottoposti alla verifica dell’accordo di integrazione 26.486 stranieri, a fronte di 65.910 ingressi avvenuti a partire dal 10 marzo 2012. Lo scarto deriva dagli “esentati” e da coloro che non saranno comunque sottoposti a verifica (ad es. i familiari ricongiunti o coloro che hanno esercitato il diritto al ricongiungimento familiare).

Il Ministero procederà inviando mese per mese le lettere agli immigrati sollecitandoli a produrre entro 10 giorni la documentazione necessaria per assegnare i crediti spettanti.

Per quanto concerne i debiti, sarà la Prefettura ad effettuare le necessarie verifiche.

La documentazione può essere consegnata personalmente o inviata per posta allo Sportello Unico.

Per ottemperare all’accordo di integrazione lo straniero, oltre a conseguire 30 punti, deve dimostrare di conoscere la lingua italiana (livello A2) e la cultura civile.

Coloro che non hanno documentazione da produrre a questo scopo potranno richiedere, a partire dai primi di aprile, di partecipare ad un test, che si terrà presso i CTP.

Dal 10 febbraio è in corso l’invio delle lettere relative agli ingressi avvenuti nel mese di marzo 2012. Riguardano principalmente stranieri che hanno fatto ingresso per studio, per motivi religiosi e per lavoro subordinato.

Forse molti stranieri non ricordano o non hanno compreso il senso della sottoscrizione dell’accordo di integrazione. La lettera potrebbe pertanto preoccuparli. In questo caso è bene che si rivolgano al patronato della CGIL, l’INCA, che spiegherà il senso e le modalità con le quali si esplica l’accordo, aiutandoli a predisporre la documentazione necessaria per l’assegnazione dei crediti.

Va chiarito però che l’art. 4bis del T.U. stabilisce che la perdita integrale dei crediti non determina la revoca del permesso di soggiorno per coloro che hanno un permesso per motivi familiari o hanno esercitato il diritto al ricongiungimento familiare.

Ad oggi non sono ancora chiare le procedure e le modalità con cui verranno effettuate le verifiche dell’accordo di integrazione.

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PERMESSO A PUNTI”. UNA SCELTA DEL CENTRO-DESTRA

L’accordo di integrazione, che introduce il cosiddetto “permesso a punti”, è uno dei lasciti delle politiche dei governi di centro-destra. Andrebbe rivisto perché dietro a una parola condivisibile, ‘integrazione’, nasconde in realtà un percorso ad ostacoli per lo straniero giunto in Italia dopo il 10 marzo 2012.

Il permesso a punti è un lascito amaro del precedente governo che andrebbe rivisto… superando l’impianto punitivo e vessatorio ed inserendolo in un piano di qualificazione dei servizi pubblici, di offerta formativa per la lingua e l’educazione civica e progetti per l’integrazione per gli immigrati”, scriveva infatti la Cgil nazionale all’indomani dell’entrata in vigore, avvenuta sotto il governo Monti.

La Cgil sottolineava inoltre che avrebbe determinato un sovraccarico di lavoro per le Prefetture, a costo zero, perdipiù.

Così invece scriveva la nostra rivista nel numero del 1 dicembre 2011: “In Italia i governi che si sono succeduti negli ultimi vent’anni non hanno fatto niente per facilitare agli stranieri la possibilità di accedere alla cittadinanza e di partecipare alla vita pubblica e politica. Invece molto hanno fatto per rendere la loro vita sempre più difficile, come dimostra, da ultimo, l’arrivo del “permesso a punti”, ultimo colpo di coda del Governo Berlusconi…”. E aggiungeva : “Non solo il ‘permesso a punti’ si presenta come un ennesimo elemento di sofferenza e di vessazione psicologica e burocratica, ma comporterà un considerevole aggravio del lavoro dell’amministrazione pubblica, che peraltro dovrà essere svolto a zero costi. …Il permesso a punti… pretende dagli immigrati requisiti difficili da soddisfare anche per gli italiani, come ad esempio la regolarità degli affitti, e conoscenze, come quelle sulla Costituzione, che perfino tanti parlamentari non hanno. Inoltre, stabilisce come obbligo comportamenti naturali per chiunque, ma evidentemente, e maliziosamente, non considerati tali per gli immigrati…”, come mandare i figli a scuola.

 

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