CITTADINANZA. CONTRO I RITARDI IL TAR DEL LAZIO ACCOGLIE LA CLASS ACTION DI CGIL, INCA E FEDERCONSUMATORI

12 Mar 2014

CITTADINANZA. CONTRO I RITARDI IL TAR DEL LAZIO ACCOGLIE LA CLASS ACTION DI CGIL, INCA E FEDERCONSUMATORI

Immagine dal sito L'Italia sono anch'io

Il Tar del Lazio accoglie la class action promossa da Cgil, Inca Cgil e Federconsumatori e intima al Ministero dell’Interno di rispettare i termini di legge per le richieste di cittadinanza avanzate dagli immigrati. E’ quanto prevede la sentenza emessa dal Tribunale amministrativo in risposta all’azione collettiva contro i ritardi con i quali la pubblica amministrazione provvede a lavorare le domande di cittadinanza italiana di tanti stranieri.

Per la legge italiana dovrebbero essere 730 i giorni entro i quali lo Stato deve concludere la procedura di riconoscimento della cittadinanza italiana; invece, mediamente ne passano 1.000, 1.500, 1.700, che in anni significa un’attesa di tre, quattro, cinque anni, prima di ottenere l’esito. “Una situazione inaccettabile, spiegano all’Inca, che di fatto limita le opportunità di quanti potrebbero accedere a concorsi pubblici, votare alle elezioni politiche, amministrative, viaggiare senza dover chiedere visti, in poche parole concorrere appieno alla società civile in qualità di nuovo italiano”.

Questa sistematica violazione dei termini di legge e la richiesta di misure per eliminarle – si legge in un comunicato stampa congiunto – sono state l’oggetto del ricorso al Tar del Lazio, tramite azione collettiva presentata a Febbraio 2012 da Inca, Cgil, Federconsumatori e 109 richiedenti la cittadinanza. Si tratta di uno dei primi ricorsi allo strumento della azione collettiva (class action) introdotto di recente nel nostro ordinamento.

La sentenza del Tar riconosce la “violazione generalizzata dei termini di conclusione del procedimento sull’istanza di rilascio della concessione della cittadinanza italiana e intima al Ministero dell’Interno di “porre rimedio a tale situazione mediante l’adozione degli opportuni provvedimenti entro il termine di un anno dalla sentenza”.

Secondo l’Inca, “è una sentenza importante in quanto oltre a ribadire l’illegittimità dei ritardi nella definizione dei processi amministrativi che costituiscono un metodo costante e sistematico di svolgimento delle procedure istruttorie da parte degli uffici ministeriali coinvolti, individua nella azione collettiva il corretto strumento a disposizione dei cittadini per ottenere dalla Pubblica Amministrazione la soluzione dei problemi sul rispetto dei termini di legge. Leggi

LA SENTENZA E’ UN PASSAGGIO IMPORTANTE”

“Il Tar del Lazio ha accolto la nostra class action in materia di concessione di cittadinanza degli immigrati, intimando al ministero dell’Interno di concludere la procedura entro i 730 giorni previsti dalla legge e non facendo aspettare, come accade adesso, anche 5-6 anni prima di dare una risposta”. Così Morena Piccinini, presidente dell’Inca Cgil, ha annunciato la vittoria del patronato, della Cgil e di Federconsumatori che insieme hanno fatto ricorso al Tar del Lazio, attraverso una ”class action pubblica”, per conto di 109 richiedenti la cittadinanza.

Morena Piccinini

“Il nostro – ha spiegato Piccinini – è il secondo ricorso in assoluto attraverso class action (il primo riguardava il permesso di soggiorno dei familiari dei migranti), ma la nostra attività a favore dei migranti non si fermerà qui”.

“Premesso che per noi – ha sottolineato Piccinini – la questione del tema della cittadinanza sarà risolta definitivamente solo con il passaggio dallo ius sanguinis allo ius soli, ci attiveremo perchè questa pronuncia non rimanga limitata a queste 100 persone, ma divenga un cambiamento per tutti”.

Della sentenza del Tar ha parlato anche l’avvocato Luca Santini, del collegio che difendeva Inca, Cgil e Federconsumatori. “Ci siamo avvalsi di uno strumento normativo molto recente – ha ricordato – entrato in vigore nel 2010. E l’abbiamo dovuto studiare molto bene, contrastando anche punto per punto le eccezioni insidiose che ha presentato il ministero dell’Interno con l’evidente intento di far saltare la class action”.

“Devo dire – ha detto Santini- che la causa è stata possibile grazie alla straordinaria opera di raccolta di documentazione sui casi che hanno fatto le sedi territoriali di Inca, Cgil e Federconsumatori. E la cosa importante – ha concluso il legale – è che il Tar ci ha dato ragione riconoscendo la ”violazione generalizzata dei termini di conclusione del procedimento sul”istanza di rilascio della concessione della cittadinanza italiana”, condannando il ministero a ”porre rimedio a tale situazione mediante l’adozione degli opportuni provvedimenti entro il termine di un anno”.

Piero soldini, responsabile immigrazione Cgil nazionale, ha sottolineato che “Stando a dati riportati nel corso di un incontro al Cnel da fonti del ministero dell’Interno, in Italia si sono accumulate nel tempo almeno 300.000 domande di cittadinanza. Ma al ministero non riescono ad evaderne più di 50.000 l’anno, con la conseguenza che i tempi per dare una risposta, positiva o negativa che sia, si allungano fino anche a 1.700 giorni, anziché stare nei 730 giorni previsti dalla legge”.

“E la situazione – ha commentato Soldini – sta peggiorando: c’è un dato che emerge da un rapporto Eurostat del dicembre 2013 che pone l’Italia al 25° posto in Europa per concessione della cittadinanza, e che segnala una riduzione del 15% delle concessioni di cittadinanza. Insomma, aumentano gli immigrati e diminuiscono le cittadinanze. Questo pone un ulteriore problema, perché della cittadinanza ai migranti si parla spesso solo in termini di ius sanguinis o ius soli, e noi della Cgil siamo per lo ius soli. Ma qui si tratta di mettere mano a una riforma globale che riguardi anche gli adulti perché siamo ormai il Paese che continua a considerare ”immigrati e ”stranieri” quelli che stanno qui da tanti anni e che hanno lavoro, figli e nipoti”.

Dal sito L'Italia sono anch'io

“La sentenza – ha commenta Francesco Avallone, della Federconsumatori- mette in evidenza l”importanza dello strumento della class action, che è strumento, se usato in maniera propria e con attenzione, che dà risultati notevoli. In questo specifico caso – ha aggiunto Avallone – abbiamo potuto ricorrere a una class action perché la legge (dpr 362/94) stabiliva uno standard di qualità, i 730 giorni appunto come limite massimo”.

“Purtroppo, laddove questi standard non ci sono è tutto molto più difficile e per questo dobbiamo continuare la collaborazione tra sindacato, patronato e associazione dei consumatori: per poter far adottare il più possibile questi standard”.

Questa sentenza è un passaggio importante nel nostro lavoro di riconoscimento e rivendicazione dei diritti dei cittadini stranieri, dei migranti e delle famiglie – spiega Claudio Piccinini, coordinatore degli uffici immigrazione dell’Inca.

Mette in luce e condanna quei comportamenti differenziati che la Pubblica Amministrazione adotta nelle procedure amministrative per gli stranieri anche su atti qualificanti per la nostra società come l’accoglienza di nuovi cittadini. Comportamenti che consideriamo figli di una cultura dei diritti di seconda categoria e che troviamo riprodotti purtroppo in molte occasioni come, ad esempio, nella recente vicenda della Social Card o nella negazione dei diritti alle prestazioni assistenziali”.

Ora il Ministero dell’Interno ha un anno di tempo per trovare le soluzioni che consentano di annullare i ritardi nella conclusione degli iter delle domande di cittadinanza, alcune delle quali sono state indicate nella stessa class action”., conclude Claudio Piccinini.

GIA’ VINTA CLASS ACTION SULLE CARTE DI SOGGIORNO

Sempre a seguito di una class action promossa dalla Cgil, dall’Inca Cgil e dalla Federconsumatori, il Tar del Lazio il 3 settembre 2013 ha censurato anche i ritardi cronici della pubblica amministrazione nel rilascio dei permessi di soggiorno CE di lungo periodo (“carta di soggiorno”) e le ha intimato di adottare gli opportuni provvedimenti entro un anno, “anche se nei limiti delle risorse strumentali, finanziarie ed umane già assegnate in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

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