15 Set 2014
L’allarme è tornato subito a diffondersi con il cosiddetto “Califfato islamico”, che ha messo radici tra Iraq e Siria: il nuovo terrorismo islamico recluta anche tra i giovani europei e statunitensi. Recluta tra immigrati, figli di immigrati e ‘autoctoni’ convertiti all’Islam. Recluta anche in Italia. Secondo i rapporti di intelligence diffusi da diversi organi di stampa, nel nostro Paese i «foreign fighters» sono circa cinquanta, quasi tutti italiani convertiti. Il reclutamento e l’indottrinamento non passa dalle moschee, ma da Internet. Le moschee, infatti, sono controllate da anni con la collaborazione di chi le gestisce e, soprattutto, la lotta al terrorismo ha puntato sulla valorizzazione delle leadership islamiche moderate, come sottolinea in articoli ed interviste Khalid Chaouki, deputato Pd e Presidente del gruppo interparlamentare nato sui temi dell’immigrazione.
Proprio in questi giorni, nel corso di un’informativa urgente alla Camera e al Senato sul terrorismo internazionale di matrice religiosa che fa capo all’Isis, il ministro Alfano è tornato sull’argomento. Ha detto che l’obiettivo principale della minaccia fondamentalista globale contro le entità religiose diverse da quella islamico-sunnita portata avanti dall’Islamic State (Isis), è l’Occidente, e l’Italia «non ha un posto secondario in questo target» per motivi storico-religiosi – Roma ospita la massima autorità cattolica, il Papa, ed è vista come luogo simbolico per la sua storia millenaria – e per ragioni politiche legate alla sua ‘vocazione atlantista’, alla presidenza semestrale dell’Ue e al ‘si’ alla richiesta di aiuti umanitari da parte delle autorità curde in Iraq.
«Non bisogna minimizzare il rischio di minacce concrete nelle parole di al-Baghdadi – leader dell’Isis – non bisogna trascurare nessun segnale premonitore», ha avvertito Alfano. Anche se al momento i servizi di intelligence non registrano rischi concreti per la sicurezza sul territorio nazionale, neanche collegate ai flussi migratori, l’attenzione è e rimane alta, attraverso il monitoraggio costante dei principali possibili ambiti di propaganda e reclutamento di combattenti per la nuova causa jiahdista.
Sono stati censiti, con la collaborazione degli Imam, i centri di aggregazione religiosa – 514 le associazioni attive in Italia l’82% delle quali sunnite, 396 i luoghi di culto comprese le moschee di Roma, Milano, Ravenna e Colle Val d’Elsa, informa Alfano; ed è continuo il monitoraggio del web alla ricerca di possibili tentativi di reclutamento, così come l’attività investigativa del Comitato di analisi per le strategie antiterrorismo (Casa), che nelle sue 35 riunioni da gennaio ad oggi ha analizzato 162 ipotesi di ‘alert’. C’è grande attenzione al fenomeno dei “foreign fighter”, i combattenti stranieri – non siriani né iracheni – occidentali di fede islamica, provenienti soprattutto dai Balcani, che aderiscono all’offensiva dell’Isis dando vita a una sorta di esodo verso gli scenari orientali degli attacchi fondamentalisti.
Su questo fronte si stimano circa 2.300 i volontari dal mondo, Europa e Italia comprese – sarebbero 48 le persone indirettamente collegate al nostro Paese – che spesso poi tornano e «possono avere la volontà di proseguire nello jihaidismo nei paesi d’origine» attraverso la strategia dei ‘mille tagli’, moltiplicare le azioni eversive «per dissanguare il nemico». È «il fenomeno del reducismo», ha spiegato Alfano, legato anche alle cellule dormienti pronte ad attivarsi già segnalate nel 2009 dalla comunità delle intelligence. È questo un altro degli aspetti peculiari della minaccia fondamentalista dell’Islamic State, più pericolosa di quella quaedista, dalla quale deriva, perché più ambiziosa e brutale.
L’allarme è tornato anche per la ripresa degli sbarchi, ma, al riguardo, il pericolo è stato minimizzato dallo stesso ministro dell’Interno. E, in effetti, appare improbabile l’idea di terroristi che rischiano la vota sulle carrette del mare pur di infiltrarsi.