15 Set 2014
Il patronato Inca Cgil ha pubblicato una nuova guida alla previdenza in regime internazionale, a cura di Rossella Misci (casa editrice Ediesse).
In 272 pagine, il vasto mondo della previdenza in regime internazionale viene spiegato e analizzato, partendo dalla condizione giuridica dei lavoratori migranti che si trovano ad essere soggetti, nel corso della loro vita, ad una pluralità di ordinamenti nazionali e sovranazionali, molto complessi e spesso difficili da conoscere ed interpretare.
Il volume si articola in tre parti, di cui la prima dedicata alle convenzioni bilaterali stipulate dall’Italia con altri paesi, una seconda relativa ai regolamenti europei sul coordinamento dei regimi di sicurezza sociale, e una terza sui criteri di calcolo delle prestazioni pensionistiche.
Nella prima sezione vengono quindi presentate le convenzioni stipulate dall’Italia con Argentina, Australia, Bosnia, Brasile, Canada, Capoverde, Città del Vaticano, Macedonia, Principato di Monaco, Repubblica di San Marino, Serbia-Montenegro, Stati Uniti, Tunisia, Turchia, Uruguay e Venezuela.
Nella seconda viene tra l’altro spiegato il principio cosiddetto della totalizzazione dei periodi assicurativi, mettendo in evidenza la differente modalità di applicazione di tale principio in ambito comunitario e nelle convenzioni bilaterali, così come nelle diverse legislazioni nazionali nazionali.
Per quanto infine concerne il tema delle pensioni, nel manuale viene trattato sia l’aspetto del perfezionamento in regime internazionale del requisito per il diritto a pensione, sia le particolari modalità di calcolo delle prestazioni pensionistiche in regime comunitario o di convenzione bilaterale.
Ma quali le ragioni, e soprattutto l’attualità di questa guida? Lo spiega bene nella premessa la presidente del l’Inca Cgil, Morena Piccini: “Non è certo una novità dei nostri tempi che cittadini di vari Stati si rechino da un Paese all’altro per esercitarvi la propria attività, sia perché privi di adeguate opportunità lavorative nel Paese di origine, sia perché inviati dalle imprese da cui dipendono fuori del territorio nazionale.
Con la globalizzazione sempre più spinta dei mercati, tali circostanze sono diventate ormai di routine, esorbitando dai confini concettuali dell’emigrazione tradizionalmente intesa come spostamento di masse di disoccupati da un Paese all’altro per costituire, invece, un insostituibile mezzo di allocazione delle risorse umane.
In tale contesto è evidente l’esigenza di un quadro normativo adeguato per disciplinare, sia sul piano lavoristico che su quello previdenziale, i problemi che sorgono per i lavoratori e le imprese in un Paese diverso da quello di provenienza. Al fine di regolare, appunto, i tanti spinosi aspetti del fenomeno intervengono sia apposite convenzioni internazionali, sia trattati e accordi bilaterali o multilaterali, sia unilateralmente le legislazioni nazionali dei singoli Paesi…”