L’ITALIA È DI NUOVO UN PAESE DI EMIGRANTI. ARRIVANO MENO STRANIERI E QUELLI CHE CI SONO VANNO VIA

11 Dic 2014

 

L’Italia è di nuovo un Paese di emigranti. Lo certifica l’Istat. Benché rimanga meta di consistenti flussi migratori dall’estero, mai così alto è stato il numero degli italiani in fuga negli ultimi dieci anni. Inoltre, aumenta anche il numero di cittadini stranieri che lasciano il nostro Paese. I dati sono dell’ultimo report dell’ufficio di statistica dedicato a “Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente”.

Saldo migratorio con l’estero positivo ma in diminuzione. Dal 2007 a oggi il saldo migratorio positivo con l’estero ha più che compensato il saldo naturale negativo (nascite meno decessi), contribuendo in modo esclusivo alla crescita della popolazione, anche se in misura via via decrescente. Il continuo, benché calante, ingresso di immigrati ha peraltro comportato un progressivo aumento della popolazione straniera residente che, al 31 dicembre 2013, conta oltre 4 milioni 900 mila individui e rappresenta il 7,7% della popolazione totale. 

Le immigrazioni passano da 527 mila unità nel 2007 a 307 mila nel 2013, con un calo del 41,7%. Nello stesso periodo le emigrazioni sono più che raddoppiate, passando da 51 mila a 126 mila. In confronto al 2012 le iscrizioni dall’estero si riducono del 12,3% mentre le emigrazioni per l’estero aumentano del 18,4%. Il saldo migratorio netto con l’estero, pari a +182 mila, registra il valore più basso dal 2007.

L’Italia attrae meno cittadini stranieri dall’estero. Nel 2013, dei 307 mila iscritti dall’estero, 279 mila sono cittadini stranieri. Sebbene in calo rispetto agli anni precedenti, l’Italia rimane meta di consistenti flussi migratori dall’estero. La comunità straniera più rappresentata tra gli immigrati è quella rumena che conta 58 mila iscrizioni. Seguono le comunità del Marocco (20 mila), della Cina (17 mila) e dell’Ucraina (13 mila). Gli italiani di rientro dall’estero sono 28 mila, mille in meno rispetto al 2012.

Nel 2013 si registra una riduzione dell’immigrazione straniera di 42 mila unità (-13,2%) rispetto all’anno precedente. Il calo maggiore si osserva per i cittadini rumeni, che passano da 82 mila immigrati nel 2012 a 58 mila nel 2013 con una diminuzione pari al 29%. In termini relativi, la contrazione degli ingressi è significativa anche per i cittadini dell’Ecuador (-37%), della Costa d’Avorio (-34%), della Macedonia (-26%) e della Polonia (-24%).

Mai così alto negli ultimi dieci anni il numero di emigrati italiani. Circa 44 mila emigrazioni, sulle complessive 125 mila registrate nel 2013, riguardano cittadini stranieri. Il numero di cittadini stranieri che lasciano l’Italia è in aumento rispetto all’anno precedente (+14,2%), ma ancor più marcato è l’incremento dei nostri connazionali che decidono di trasferirsi in un Paese estero. Il numero di emigrati italiani è pari a 82 mila unità, il più alto degli ultimi dieci anni, in crescita del 20,7% rispetto al 2012. Tale incremento, insieme alla contrazione degli ingressi (pari a mille unità, 3,5% in meno del 2012) ha prodotto nel 2013 un saldo migratorio negativo per gli italiani pari a -54 mila, quasi il 40% in più di quello del 2012 nel quale il saldo risultò pari a -38 mila.

Per gli italiani i principali Paesi di destinazione sono quelli dell’Europa occidentale: Regno Unito (13 mila emigrati), Germania (oltre 11 mila emigrati), Svizzera (circa 10 mila), Francia (8 mila), oltre agli Stati Uniti (5 mila), ne accolgono, nel loro insieme, più della metà. I connazionali che decidono di tornare in Italia sono in numero molto inferiore a quello degli emigranti: nel 2013 i rientri sono 4 mila dalla Germania, quasi 3 mila dalla Svizzera e circa 2 mila dal Regno Unito e dagli Stati Uniti.

Migrano soprattutto persone tra i 20 e i 45 anni. Il 53,5% di chi emigra all’estero, a prescindere dalla cittadinanza, è di genere maschile. Tuttavia, mentre per i cittadini italiani la composizione di genere è sbilanciata in favore degli uomini (57,6%), per gli stranieri la quota di emigrati di genere maschile (45,9%) è inferiore a quella femminile.

Sia gli italiani che gli stranieri che vanno via sono concentrati per il 60% tra i 20 e i 45 anni, ovvero tra il ciclo conclusivo della formazione scolastica e le età lavorative adulte. Tuttavia, un immigrato straniero possiede in media un’età nettamente inferiore (31 anni) di un emigrato italiano (34 anni). Questo elemento produce nel breve termine un significativo effetto di ringiovanimento della struttura per età della popolazione residente. In altri termini, la perdita di capitale umano di cittadinanza italiana è più che compensata dall’acquisto di capitale umano straniero non solo sotto l’aspetto quantitativo ma anche sotto quello strutturale.

Il Regno Unito meta preferita dai laureati. Nel 2013, il saldo migratorio con l’estero degli italiani con almeno 25 anni mostra una perdita netta di residenti pari a 42 mila unità, di cui ben 13 mila laureati. Sono, infatti, oltre 6 mila gli italiani di rientro in possesso di laurea contro oltre 19 mila in uscita dal Paese. Analoghe variazioni in negativo si osservano per gli individui con un titolo di studio fino alla licenza media (-13 mila) e per i diplomati (-16 mila). Le principali mete di destinazione dei laureati sono il Regno Unito (3.300 individui), la Svizzera (2.400), la Germania (2.000) e la Francia (1.600). Al di fuori dell’Europa, i laureati italiani si recano soprattutto negli Stati Uniti (1.400) e in Brasile (800). In media, il 31% di chi emigra possiede la laurea, con punte del 35% e del 34% per chi si trasferisce, rispettivamente, negli Stati Uniti e nel Regno Unito.

MIGRAZIONI INTERNE: GLI STRANIERI PIÙ PROPENSI A SPOSTARSI

I trasferimenti di residenza nell’ambito dei confini nazionali si confermano un importante fattore della dinamica demografica. Secondo i dati dell’ultimo report dell’ISTAT dedicato a “Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente”, gli spostamenti di breve e medio raggio, ovvero quelli che riguardano Comuni di una stessa regione, continuano a rappresentare la maggioranza dell’ammontare complessivo dei trasferimenti. Gli stessi dati dicono che i cittadini stranieri sono più propensi alla mobilità interna di quanto lo siano gli italiani.

Tre cambi di residenza interni su quattro sono tra Comuni della stessa regione. Anche nel 2013 i trasferimenti di residenza nell’ambito dei confini nazionali si confermano un importante fattore della dinamica demografica per via degli effetti redistributivi che essi esercitano sulla popolazione. Ogni anno si valuta che oltre il 2% della popolazione residente sia interessata da un trasferimento di residenza per un altro Comune del territorio nazionale. Nel 2013 la quota è del 2,3%.

Dopo il picco di iscrizioni del 2012, nel 2013 si assiste a un calo dei movimenti interni, che passano da 1 milione 556 mila a 1 milione 362 mila, con una variazione percentuale del -12,5%. Il volume dei trasferimenti interni che si rileva nel 2013 è comunque in linea con quelli degli anni antecedenti il 2012.

Gli spostamenti di breve e medio raggio, ovvero quelli che riguardano Comuni di una stessa regione, continuano a rappresentare i tre quarti (75,4%) dell’ammontare complessivo dei trasferimenti. Di questi ultimi, i trasferimenti all’interno di una stessa provincia costituiscono oltre il 60% del totale. Quelli tra Comuni di regioni diverse, cosiddetti a lungo raggio, continuano a rappresentare stabilmente circa un quarto del totale (24,6%).

Le regioni del Nord continuano ad attrarre flussi dal Mezzogiorno. I trasferimenti interregionali determinano saldi migratori positivi in tutte le regioni del Nord: i saldi relativamente più elevati si registrano in Trentino-Alto Adige (2,8 per mille residenti) e in Valle d’Aosta (2,5 per mille), mentre in Lombardia e in Emilia Romagna, più rilevanti dal punto di vista economico e demografico, si registrano saldi migratori più contenuti (rispettivamente 1,5 e 1,8 per mille). Saldi ancora più contenuti, invece, si registrano in Veneto (0,1), Liguria (0,4) e Piemonte (0,7).

Fra le regioni del Centro, Toscana (1,2) e Lazio (1,4) presentano saldi positivi, mentre Umbria (-0,2) e Marche (-0,6) sperimentano, per la prima volta dalla metà degli anni ’90, saldi migratori di segno negativo.

Nel Mezzogiorno, escludendo l’Abruzzo che presenta un saldo di +0,1 per mille, in tutte le regioni si registrano saldi interregionali negativi, particolarmente rilevanti in Calabria (-3,3 per mille) e Campania (-3,1).

Si conferma lo storico profilo delle migrazioni interne, che vede persistere una forte attrattività delle regioni Centro-settentrionali nei confronti di quelle meridionali,. è ben visibile dall’analisi dei flussi migratori interregionali per origine e destinazione.

I cittadini stranieri sono più propensi alla mobilità interna di quanto lo siano gli italiani: il minor radicamento nel territorio di primo (o successivo) insediamento, nonché la spinta alla ricerca di opportunità economiche e sociali migliori, determina per gli stranieri un tasso di mobilità interno del 54 per mille residenti, circa tre volte superiore a quello degli italiani (20 per mille). Alcune comunità straniere presentano una propensione alla mobilità interna più elevata di altre. E’ il caso della comunità cinese, per la quale risulta che si trasferiscano 80 individui ogni mille connazionali residenti.

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