23 Nov 2016 alcar uno, appalti, distretto carni modena, flai, global carni,
Modena, 23 novembre 2016
Le tensioni sindacali nel distretto delle carni modenese sono arrivate a una nuova fase: dal cambio appalto per far accettare condizioni sempre peggiori ai lavoratori, alla cessazione dell’appalto per espellere i lavoratori che protestano per le loro condizioni.
Il cambio appalto cronico è ormai prassi diffusa in tutto il distretto. L’espulsione, o disciplinare o per cessazione dell’appalto, serve invece a risolvere i casi più “gravi”, come quello dei 110 lavoratori della Cooperativa Alba Service impegnati negli appalti di Alcar Uno di Castelnuovo Rangone (Mo) e Globalcarni di Spilamberto (Mo), rei di aver preteso non l’assunzione, ma l’applicazione del Contratto Collettivo Nazionale della Cooperazione Alimentare. Inutile raccontare come, nel distretto agroalimentare modenese, sia diventato normale – per un uso distorto degli appalti finalizzato a risparmiare sui costi – che la carne venga lavorata da “facchini”, oppure che la pizza venga farcita da “addetti alle pulizie”.
Ma di cosa si tratta? Di imprenditori buoni che si difendono da stranieri cattivi? No, si tratta di imprenditori che, semplicemente, non vogliono più assumersi la responsabilità di avere operai dipendenti, italiani o stranieri che siano. Il 21 novembre scorso, durante l’ennesimo incontro in Prefettura fra le parti coinvolte nelle vertenze del distretto delle carni, per la prima volta un appaltatore (il Presidente della Cooperativa Alba Service) ha spiegato il meccanismo di un appalto fittizio: le squadre dei lavoratori vengono scelte dalle imprese committenti (Alcar Uno e Globalcarni) e non c’è autonomia organizzativa e gestionale dell’appalto. Viene addirittura citato il caso di un sabato lavorativo (lo scorso 19 novembre) in cui i lavoratori vengono convocati dai committenti all’insaputa della Cooperativa.
Si tratta di dichiarazioni che la Flai/Cgil ha già inviato all’attenzione degli organi ispettivi per le opportune verifiche. Se confermate, avremo un’ulteriore dimostrazione di come gli appalti siano fittizi e abbiano il solo e unico scopo di risparmiare sul costo del lavoro e di non assumere direttamente i lavoratori.
E quindi? Cosa c’è di male? Un finto appalto si può aggiustare facendo chiarezza su cosa possono fare i lavoratori e su chi dà loro gli ordini. C’è di male che il sistema prevede che, di fatto, gli appalti vengano retribuiti con compensi di 13-14 euro/ora, invece dei 20 euro/ora minimi delle tabelle del Ministero del Lavoro. Questo è evidente dai bilanci degli appaltatori. Ed è ancora lo stesso Presidente di Alba Service che, presso la Prefettura, lamenta di aver posto questo problema ai committenti, ma di non aver avuto risposte.
Le proteste dei lavoratori sono legittime e la responsabilità è delle imprese alimentari appaltanti che si devono far carico dell’assunzione dei lavoratori.
Ora spetta alla politica e alle istituzioni fare un passo promuovendo “la responsabilità sociale delle imprese… per favorire la legalità, prevenire e contrastare gli effetti dell’infiltrazione criminale e mafiosa”, che è quanto previsto dall’art. 26 del Testo Unico della Regione Emilia Romagna per la “Promozione della Legalità e per la Valorizzazione della Cittadinanza e dell’Economia Responsabili”, approvato il 28 ottobre (legge regionale n.18/2016).
Marco Bottura, segretario Flai/Cgil Modena

Alla richiesta di dignità e rispetto delle leggi si risponde con il manganello e i lacrimogeni. Adesso basta!, comunicato stampa 18.11.16