12 Ago 2010 filcams,
Per provare a spostare l’attenzione da temi come l’accesso dei cani ai pubblici esercizi ad altri, per noi più importanti, abbiamo deciso di descrivere la situazione estrema di un pubblico esercizio della città di Modena, nei confronti del quale Filcams e Uiltucs hanno intrapreso diverse vertenze.
Stiamo parlando del Caffè Storchi, sito nel medesimo fabbricato del Teatro Comunale Storchi in via Martiri della Libertà 1.
Nel tempo diverse sono state le società utilizzate per la gestione: “Roxi Srl”, “Maccaferri Pierino” e “Ciccarelli Mariangela”, tutte risultanti ancora attive.
La proprietà “reale” sarebbe però la medesima da tempo, e tutte le persone che si sono rivolte a noi avevano avuto rapporti esclusivamente con la signora C.G., che parrebbe a detta di molti la reale proprietaria.
Nelle travagliate vicende di questo locale non può essere tralasciato che nel 2008 il locale veniva chiuso dalla Polizia perché frequentato da pregiudicati.
Il Caffè Storchi ha costantemente necessità di personale, essendo la durata dei rapporti di lavoro difficilmente superiore ad alcuni mesi. Pare sia arrivata ad occupare, assieme alla collegata pizzeria da asporto “Number one” fino ad una quindicina di persone. Spesso infatti i lavoratori in nero venivano mandati anche in questa pizzeria, gestita della stessa società.
Le diverse denunce presentate agli Enti ispettivi si riferiscono a lavoro nero, irregolare, mancato versamento dei contributi e degli assegni familiari. Sono state denunciate anche violenze e percosse nei confronti di almeno due persone che reclamavano le proprie spettanze, con intervento delle Forze dell’Ordine.
Alle persone che si presentavano al Bar, cercando un posto di lavoro, veniva proposta la cosiddetta “prova in nero”, di durata variabile. E’ una forma diffusissima nei pubblici esercizi, ma in questo caso prevedeva una retribuzione ridottissima.
Al Caffè Storchi, si lavora 7 giorni su 7, senza riposo settimanale e per circa 80 ore settimanali, che per alcuni lavoratori diventavano oltre 90.
Una ragazza ha denunciato di aver lavorato quasi tre mesi con orario 7 giorni su 7, dalle 10 alle 24, per complessive 98 ore settimanali.
Nella settimana di “prova in nero”, secondo le denunce presentate, indipendentemente dalle ore lavorate la retribuzione riconosciuta era di 150 euro, meno di 2 euro all’ora, elargite però soltanto se la settimana veniva conclusa.
Poi si veniva “assunti”, sempre in nero s’intende, a volte facendo firmare dei “contratti a chiamata”, di cui diremo dopo.
La retribuzione, sempre indipendentemente dalle ore lavorate, saliva così a 900 euro mensili, poco più di 3 euro all’ora.
Ma questo non era sufficiente, perché dopo qualche mese, cessavano i pagamenti. Diversi sono i lavoratori che reclamano ancora gli ultimi 2/3 mesi di retribuzione.
In alcuni di questi casi, a fronte di rimostranze, si sono avuti episodi di violenze ai danni dei lavoratori. Questo “sistema” consolidato, ha portato ad esempio una lavoratrice a lavorare per complessive 1104 ore in 3 mesi, ricevendo un compenso in nero di 830 euro, in luogo degli 11.602 spettanti, contributi esclusi.
Anche chi credeva di essere stato regolarizzato, in seguito ad ispezione della Guardia di Finanza, scopriva in seguito di essere stato immediatamente licenziato, a sua insaputa, e riassunto con un contratto a chiamata, formula utilissima a nascondere le irregolarità.
Molti sono i lavoratori, non solo nei pubblici esercizi, assunti con contratti a chiamata. A Modena, nel 2009, il 61% delle 5146 assunzioni con questa tipologia è stato operato in bar, alberghi e ristoranti (dati Servizio Politiche Lavoro della Provincia). Si tratta spesso di forme che nascondono lavoro irregolare, nate per rendere difficile o impossibile il controllo da parte degli enti ispettivi. La pratica più diffusa è quella di far risultare il dipendente presente al lavoro solo per alcune ore o per nulla, elaborando buste paga minime anche quando l’orario è a tempo pieno od oltre, come nel caso del Caffè Storchi.
La situazione descritta non è fortunatamente quella di tutti i pubblici esercizi modenesi, dove pure i problemi sono tantissimi. Ma le troppe situazioni di illegalità danneggiano tutto il settore, e soprattutto gli imprenditori onesti, che subiscono una concorrenza sleale da parte di soggetti privi di scrupoli.
Il danno ai lavoratori è enorme, non solo in termini di retribuzione, mentre alla collettività vengono sottratte importanti risorse.
Infine le illegalità chiamano altre illegalità, ed in questo senso rileviamo alcuni preoccupanti segnali, che dovrebbero portare tutti a ragionare su questi temi diversamente dal passato.
Marzio Govoni – Segretario Provinciale Filcams CGIL Modena
Lorenzo Tollari – Segretario Provinciale Uiltucs UIL Modena
Modena 12 agosto 2010

