13 Ott 2011
di Arturo Ghinelli
Il 30/09/11 si è tenuto al Palazzo dei Congressi di Firenze il 2° Convegno “A scuola nessuno è straniero”organizzato dalla Regione Toscana e da Giunti Scuola che pubblica 3 riviste rivolte agli insegnanti “Scuola dell’infanzia”,”Vita Scolastica”per la scuola primaria e “Sesamo”di didattica interculturale dalla scuola dell’infanzia alla scuola media. Si è trattato di un incontro di lavoro e di scambio di esperienze tra insegnanti che quest’anno hanno partecipato in più di mille.
Nella mattina si sono suddivisi nelle cinque sessioni di lavoro:
▪ L’integrazione comincia dai più piccoli
▪ L’italiano e le altre lingue
▪ La scuola prepara il futuro:gli studenti stranieri nella scuola secondaria
▪ La scuola fa cittadinanza. Coesione sociale con le famiglie e nella città
▪ La scuola intreccia i saperi:per un curricolo interculturale.
L’impostazione del Convegno di quest’anno era quella di cambiare lo sguardo,abbandonando l’idea della emergenza,visto che sono ormai vent’anni che la popolazione scolastica, che continuiamo a chiamare straniera, abita nelle aule scolastiche,per immaginare il futuro.
In primo luogo sarà sempre più normale essere un bambino che ha origini famigliari collocate altrove,o tratti somatici diversi,ma che fa parte a pieno titolo dei bambini di Firenze,Bologna,Modena…. Quindi è ora di cambiare linguaggio per denominare questi ragazzi.
In secondo luogo l’avanzare della cosiddetta “seconda generazione”dovrà avere come conseguenza l’attenuarsi dei divari fra la popolazione scolastica italiana e quella non italiana,perché non è più ammissibile il preoccupante ritardo che caratterizza attualmente i percorsi scolastici della G2,più del 70% nelle superiori. Quindi bisogna rivedere le nostre mosse nei passaggi da un ordine di scuola ad un altro,sia per l’orientamento e sia nella formazione delle classi.
In terzo luogo la scuola plurale è chiamata a praticare in maniera concreta il riconoscimento delle normali differenze di tutti e di ciascuno,a partire dalla valorizzazione dei saperi,dei talenti e delle storie di ogni bambino. E a partire dall’idea stessa di cittadinanza. Qualcosa comincia a vedersi in questa direzione. Infatti se Torino è risultata la prima città nella classifica della qualità delle scuole(Rapporto sulla qualità della scuola di Tuttoscuola)pur avendo alte percentuali di studenti senza la cittadinanza italiana,se Modena ,che per le percentuali di presenze non scherza,è risultata quarta e prima per l’impegno finanziario degli EE.LL.,vorrà pur dire qualcosa. E’ ora di smetterla di affermare che l’integrazione degli stranieri abbassa la qualità della scuola che frequentano.
La scuola forse ha prestato poca attenzione alle relazioni in classe tra bambini di origini diverse,nel tempo scolastico e nei luoghi più informali del gioco e dell’incontro. I bambini manifestano anche in queste situazioni conflitto,vicinanza,reciprocità e sopraffazione. Sono questi aspetti-la dimensione “nascosta” dell’integrazione- ai quali oggi si deve prestare più attenzione. Infatti la scuola deve andare oltre la fase dell’integrazione,per la quale tutte le scuole devono essere attrezzate,per avviare la fase dell’interazione,perché il contatto da solo non basta per prevenire discriminazione e conflitto. La prospettiva che si apre è quella per il riconoscimento vero e proprio.
La scuola deve articolare l’educazione interculturale nelle due dimensioni:quella cognitiva e quella relazionale-affettiva.,Per la prima si agisce sui saperi,per la seconda insegna a convivere nella diversità,a tener conto dei punti di vista diversi,a mettersi nei panni… a coltivare l’empatia.
ANCH’IO SONO L’ITALIA: TESTIMONIANZE DEI NUOVI CITTADINI
(A.G.) Hassan El Aouni è intervenuto alla seduta plenaria del 2°Convegno nazionale “A scuola nessuno è straniero” organizzato dalla Regione Toscana e da Giunti scuola editore il 30/09/11
“Sono marocchino e sono biellese,sono musulmano e sono milanista. A scuole la mia diversità è stata enfatizzata:il prof voleva sempre che io affermassi di fare cose diverse dagli altri,se non saltava fuori il cammello non era contento..
Siamo diversi dai nostri genitori,loro in Marocco si sentono a casa,io dopo un mese sclero.Quando torno mi fermo nel primo autogrill,bevo un caffè italiano e mi sento subito a casa.
Ho lasciato la scuola al II°anno delle superiori,perché eravamo andati ad abitare in città in un quartiere di immigrati. In classe era sparito un lettore CD e subito hanno guardato me e mio fratello gemello. In Marocco mi dicono”tu sei emigrato”. In Italia invece una volta al mercato con i miei amici marocchini,un commerciante mi ha preso per un italiano e io sono stato molto contento.
All’Università dove vado adesso si sente meno la differenza,sono meno importanti le diversità.
Anzi a volte mi chiamano per fare l’interprete tra uno studente e un professore e io sono molto orgoglioso di questo,ho l’impressione di aiutare qualcuno,quasi di diventare una “stella”come ha detto la professoressa Favaro,ma in realtà le stelle per i ragazzi stranieri siete solo voi insegnanti.
Vi saluto con una frase in arabo che vi tradurrò in italiano;dalle mie parti si dice:
-“Chi mi insegna una lettera,io divento a lui servo”-
Quelli a cui voi insegnate diventano i vostri figli,diventano i nuovi italiani.”