30 Set 2013
di M. Elisabetta Vandelli
Un cittadino peruviano, in seguito all’acquisizione della cittadinanza italiana per naturalizzazione, ossia per aver risieduto regolarmente in Italia per oltre 10 anni, si era visto cancellare, dall’ufficiale di stato civile del suo comune di residenza, il suo secondo cognome, che era quello della madre, in applicazione alla normativa italiana la quale riconosce esclusivamente la trasmissibilità del cognome paterno.
La giustificazione, secondo la Pubblica Amministrazione, starebbe nell’ asserita applicazione dell’art. 98, comma 2 del DPR n. 396/2000, secondo il quale l’ufficiale dello stato civile provvede a correggere, in mancanza di istanza di parte, come errori materiali di scrittura, i casi in cui sia stato attribuito un cognome diverso da quello paterno, per i cittadini italiani nati all’estero.
Non era sicuramente questo l’ambito di applicazione di tale normativa, tuttavia veniva richiamato, nel successivo grado di giudizio, dalla Corte di Appello di Milano, anche l’art. 1 della Convenzione di Monaco, in base alla quale “i cognomi e i nomi di una persona vengono determinati dalla legge dello Stato di cui si è cittadini ed in caso di cambiamento di nazionalità, viene applicata la legge dello Stato di nuova nazionalità”. Pertanto veniva confermata, dalla Corte di Appello di Milano, la procedura del cambiamento di cognome del cittadino peruviano effettuata senza la sua preventiva richiesta.
Interveniva , infine, la Corte di Cassazione a definire l’ambito di applicazione della normativa citata, che, con la sentenza n. 17462/2013, ha ritenuto illegittimo il cambio di cognome, applicato in automatico, a seguito dell’acquisto della cittadinanza italiana, senza la presupposta richiesta della parte interessata. In questi termini la Corte accoglieva il ricorso del cittadino peruviano stabilendo che ‘il nome è incontrovertibilmente un diritto della personalità, tutelato anche a livello costituzionale, oltre che dalla normativa ordinaria, per cui deve ritenersi che una modifica coattiva del cognome potrebbe essere consentita solo in presenza di diritti di rango parimenti elevato’. Questo perché l’acquisizione di una doppia cittadinanza non implica la perdita della cittadinanza originaria, quindi il cittadino straniero, che diventa cittadino italiano, ha pieno diritto di mantenere il suo nome originario.
Il nome è senza ombra di dubbio un diritto della personalità, che viene tutelato a livello costituzionale dall’art. 2 Cost., e dall’art. 6 cod. civ., come parte essenziale ed irrinunciabile della personalità. Le rettifiche apportate dalla Pubblica Amministrazione senza il consenso dell’ interessato privano il soggetto della sua identità personale.
Per identità personale deve dunque intendersi anche il diritto alla “preservazione del proprio doppio cognome originario legittimamente formato, e del diritto di trasmetterlo ai figli”.