ALCUNE QUESTURE PRETENDONO REDDITO E LAVORO PER L’AGGIORNAMENTO DELLA CARTA DI SOGGIORNO. RICORSO ANOLF

27 Apr 2015

 

Ne avevamo già parlato, ma un ricorso dell’Anolf ci dà l’opportunità di ritornare sulla preoccupante e illegittima abitudine di alcune questure di chiedere in occasione della richiesta di aggiornamento o del duplicato del permesso Ue per soggiornanti di lungo periodo, la “carta di soggiorno”, la dimostrazione di avere un reddito e un lavoro . E, in mancanza del reddito e del lavoro, di procedere alla revoca. Ha cominciato la Questura di Milano e il comportamento è stato imitato da altre. Contro tale prassi l’Anolf, l’associazione dei migranti della Cisl, ha presentato ricorso alla Direzione Generale Affari Interni Commissione Europea.

“Recentemente”, denuncia l’Anolf, “gli uffici competenti della Questura di Milano stanno rigettando le istanze di aggiornamento o duplicato dei permessi di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo (carta di soggiorno) se il richiedente non è in grado di dimostrare di essere stato impiegato regolarmente, o di aver versato i contributi dovuti al sistema di previdenza nazionale, durante i 5 anni precedenti alla richiesta”. Per di più “le motivazioni per il rigetto sono basate su una presunta e non dimostrata attività illegale che i richiedenti avrebbero svolto durante gli ultimi 5 anni antecedenti alla loro istanza”, prassi che l’associazione definisce discriminatoria non solo in quanto basata su supposizioni, ma anche perché riferita genericamente a tutta una categoria di persone.

“Abbiamo conoscenza certa di una circolare interna nella quale gli uffici locali della Questura hanno avuto disposizioni di trattare ogni richiesta di aggiornamento o duplicato del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo come se fosse una prima istanza di rilascio e, quindi, di procedere ad una valutazione ab origine dei requisiti previsti per ottenere il permesso di soggiorno per soggiornanti di lungoperiodo (carta di soggiorno). E’ importante richiamare l’attenzione sul fatto che la Questura di Milano sostiene che questo nuovo orientamento è volto a combattere presunte frodi ai danni del sistema di sicurezza sociale italiano. Afferma infatti che la maggior parte dei cittadini stranieri che ottiene un permesso di soggiorno per soggiornante di lungo periodo (carta di soggiorno) smette di versare i contributi previdenziali o diventa disoccupato nel momento stesso in cui acquisisce lo status di lungo soggiornante. E così attualmente ai cittadini provenienti da Paesi Terzi, nel momento in cui sono convocati per le pratiche di aggiornamento del proprio permesso di soggiorno a tempo indeterminato (carta di soggiorno), viene richiesto di presentare, oltre alla consueta documentazione, l’attestazione dell’INPS, l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale italiano, relativa al regolare versamento dei contributi nel corso degli ultimi anni. In conseguenza di ciò, i citati permessi di soggiorno sono stati revocati, non rinnovati o sono in attesa di revoca”.

Per l’Anolf, che ha ragione, “la decisione di vincolare l’aggiornamento o il duplicato di un permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo alla condizione di poter dimostrare il regolare versamento dei contributi all’INPS o un contratto di lavoro regolare negli anni precedenti alla presentazione dell’istanza è in contrasto con il diritto comunitario e nello specifico con la Direttiva Europea 109/2003, con ampi profili di violazione del “diritto acquisito comunitario” in materia di anti-discriminazione”. E chiede, pertanto, un intervento.

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