28 Apr 2020 benfici fiscali, coronavirus, crisi finanziaria, filt, fondo pensione, pensione integrativa, pensioni, riforma pensioni, riforma tfr 2007, tfr,
C’è un effetto particolarmente preoccupante di questa emergenza Covid-19 che rimane particolarmente sottotraccia e taciuto, ma che ha profondi riverberi sui risparmi e sull’economia dei lavoratori.
Come è noto, nel 2007, sono state modificate le normative sul Tfr dei lavoratori dipendenti nel nostro Paese per effetto delle riforme previdenziali degli anni ‘90.
Tali riforme renderanno infatti le pensioni future, ovvero le pensioni delle attuali generazioni di lavoratori, più basse rispetto a quelle del passato, perché determinate secondo un sistema “contributivo” in luogo di quello “retributivo” precedentemente previsto.
Pertanto le future pensioni, in tal modo rese inevitabilmente “più povere”, avevano la necessità di essere rimpolpate o meglio “integrate”, per poter eventualmente garantire una rendita decente e dignitosa ai lavoratori.
Per fare ciò si attinse al Tfr dei lavoratori stessi, ovvero alla loro retribuzione differita (Tfr significa infatti Trattamento di Fine Rapporto), quella che spesso in passato veniva impropriamente identificata come una buonuscita al termine del rapporto di lavoro o all’atto del pensionamento.
Per coloro che avessero voluto, la scelta è stata lasciata ovviamente volontaria, pertanto si è data la facoltà di decidere se lasciare il Tfr in capo all’azienda (o al fondo di tesoreria dell’Inps in caso l’azienda abbia più di 50 dipendenti) ovvero se conferirlo ad un Fondo pensione , che può essere di emanazione contrattuale oppure “libero”, ovvero un piano pensionistico di solito redatto con banche o assicurazioni.
Nel settore trasporti, logistica e facchinaggio, che annovera principalmente due fondi contrattuali (Priamo e Previdenza Cooperativa), dal 2007 ad oggi hanno aderito a questi strumenti circa 225mila persone a livello nazionale e, non abbiamo il dato preciso ma, la stima a livello locale è tra l’1-1,5% degli aderenti in provincia di Modena, si stimano perciò oltre 3.000 adesioni modenesi.
Tali fondi, creati per costruire e “garantire” una rendita futura ai lavoratori (tant’è che non vi si può “uscire “ se non alla cessazione del rapporto di lavoro per pensionamento o per licenziamento seguito da due anni di inattività) godono anche, a seconda del tempo di permanenza all’interno degli stessi, di particolari benefici fiscali, proprio in ragione di questa loro struttura particolarmente vincolata e per le ragioni costitutive che ne stanno alla base.
Questi fondi hanno, al loro interno, tre comparti di investimento che il lavoratore può scegliere. Per sintetizzare, un comparto maggiormente sicuro, uno intermedio e uno un po’ più rischioso (in sostanza con una componente di investimento azionario maggiore).
E’ stupefacente constatare come, nel totale del numero delle persone aderenti, ben l’80% di questi abbia scelto un comparto intermedio o più rischioso, evitando il comparto “garantito”, o meglio meno rischioso.
Tale montante assommava al 1° Gennaio 2020 ad oltre 3 miliardi di euro di risparmi dei lavoratori a livello nazionale, circa 40 milioni di euro la stima in provincia di Modena.
Nei soli primi tre mesi del 2020, anche a fronte dell’emergenza Covid e del crollo finanziario conseguente, sono stati bruciati (nei soli due fondi di previdenza sopra citati, molti altri ce ne sono per altri contratti e categorie di lavoratori) 200 milioni di euro di risparmi dei lavoratori.
Di questi circa 3 milioni di euro nella sola provincia di Modena.
Il tema è urgente e clamoroso. Lavoratori impoveriti nel presente per il lockdown imposto per ragioni sanitarie, più precari nel prossimo futuro a fronte di una incerta ripartenza e a serio rischio povertà nel prossimo futuro per via di potenziali perdite economiche che incideranno sulle loro pensioni future o causeranno, nel breve termine per coloro che fossero già vicino al pensionamento, una sicura perdita economica all’atto della liquidazione di quanto sin qui maturato.
Riteniamo necessario porre fortemente all’attenzione tale tema invitando istituzioni e politica a porre in agenda la questione e valutare i correttivi possibili.
Nel contempo riteniamo doveroso informare la platea dei lavoratori interessati e invitarli a valutare attentamente (ogni posizione e scelta è chiaramente individuale), con gli attuali strumenti, la loro posizione finanziaria e una eventuale rimodulazione della stessa, attraverso la principale facoltà loro concessa che consiste nella modifica del comparto sin qui scelto.
Filt-Cgil Modena
Cgil Modena
Modena, 28/4/2020