28 Mag 2009
Secondo l’ANAMMI, l’Associazione Nazional-Europea degli Amministratori d’Immobili, sono in aumento i conflitti tra condomini legate ai forti odori delle spezie utilizzate dagli immigrati.
“Non è un semplice fatto di colore” dice Giuseppe Bica, presidente dell’ANAMMI, “ma un problema assai serio, anche se con risvolti grotteschi”.
Le liti di condominio causate dalle cosiddette “immissioni” sarebbero il 27% del totale annuo, spesso seguite dall’esposto alle pubbliche autorità. Quelle dipendenti in particolare dagli odori di cucina rappresentano il 16%. “Il caso più classico”, aggiunge Bica, “è quello del gruppo di condomini che si lamenta del forte odore di cucina orientale”.
“L’inquilino responsabile”, spiega l’ANAMMI, “il più delle volte, si difende così: ‘Voi avete il soffritto, io il pollo al curry’. ” ed “ha ragione. Secondo l’articolo 844 del Codice Civile, l’immissione non può essere impedita a meno che non superi la nomale tollerabiltà, rilevata nel contesto di riferimento. In altre parole, l’odore di fritto che arriva dalla rosticceria sotto casa è da evitarsi, non così, invece, un aroma, anche molto forte, di origine gastronomica”.
“Nel’ottica di favorire la conciliazione in condominio, l’ANAMMI suggerisce il controllo del’impianto di aerazione che, se ben funzionante, attutisce gli aromi più forti”.
“L’amministratore dell’immobile deve tentare in tutti i modi la via del dialogo, anche ricorrendo a qualche stratagemma. Ad esempio una cena etnica tra condomini, un giro nella cucina di famiglia di immigrati, in modo da far capire che in quel posto non succede nulla di strano. E’ un modo per superare la barriera”.
“L’80% delle liti di stampo etnico-culinario coinvolgono immigrati di origine asiatica (India, Bangladesh e Pakistan), seguiti ala distanza da cinesi (15%) e da stranieri del Maghreb (in particolare Tunisia e Marocco)”.