29 Mar 2012
di M. Elisabetta Vandelli
Si è conclusa con la liberazione dal Cie la vicenda di Andrea e Senad di cui abbiamo parlato nel numero scorso. Le motivazioni del Giudice di Pace nel commento di M. Elisabetta Vandelli
Andrea e Senad, i due ventenni nati e cresciuti a Sassuolo, ma che per la legge non possono definirsi italiani perchè i loro genitori sono stranieri, si sono ritrovati irregolari dal momento in cui i genitori, a cui era legato il loro permesso di soggiorno, hanno perso il lavoro e conseguentemente anche il titolo di soggiorno. A seguito di ciò i due giovani sono stati trattenuti, con decreto di espulsione, per più di un mese all’ interno di una una struttura peggiore del carcere: il Centro di Identificazione ed Espulsione.
Pochi giorni fa, a seguito del ricorso dell’ avvocato dei ragazzi, il Giudice di Pace di Modena, Dott. Cavazzuti, ha annullato il decreto di espulsione e l’ ordine di allontanamento che li aveva colpiti, e, ritenendo illegittimo il loro trattenimento nel CIE, ne ha disposto la immediata liberazione.
La motivazione della decisione sta nella rilevata carenza, da parte del giudice, dei presupposti normativi per l’adozione dei provvedimenti emessi dalla Pubblica Amministrazione.
Il Giudice ha infatti ritenuto che né la Questura né la Prefettura avessero fornito prova certa della nazionalità di appartenenza dei due ragazzi, e, quindi, dello Stato verso cui rimpatriarli.
Nel decreto di espulsione si leggeva, infatti, che i giovani venivano identificati semplicemente in base alle generalità da loro dichiarate, senza che venisse prodotta da parte della P.A. alcuna documentazione attendibile da cui evincere indicazioni sicure sulla loro cittadinanza d’origine.
In buona sostanza non risultava certa nè la paternità dei ragazzi e neppure la cittadinanza della madre, senza considerare il fatto che Andrea e Senad erano privi di qual si voglia passaporto o documento equipollente che ne attestasse lo Stato di appartenenza.
Dunque i giovani risultavano di fatto apolidi e quindi non potevano essere espulsi in quanto privi di un paese che li potesse riconoscere come cittadini e quindi accogliere come tali.
A differenza dello straniero extracomunitario irregolare, mentre quest’ultimo può rientrare nel proprio Paese di origine, un apolide di fatto, cioè non ancora riconosciuto come tale, non puo’ stare in Italia legittimamente, ma non puo’ nemmeno espatriare, ne’ puo’ tornare nel proprio Paese di provenienza, che non conosce.
Se un soggetto è veramente riconosciuto o considerato come apolide, o comunque se non è possibile accertarne la cittadinanza di origine per mancanza di qualsiasi documentazione di identificazione, è tecnicamente impossibile procedere all’espulsione, così come ha legittimamente disposto il Giudice di Pace di Modena.
Al dott. Cavazzuti va inoltre riconosciuto il merito di avere, con coraggio, ancorato alla propria decisione il dubbio sull’applicabilità del Testo Unico sull’Immigrazione ai cittadini stranieri nati e cresciuti in Italia, ed ivi dimoranti, quali sono i ragazzi della seconda generazione di migranti.