CHIUSO IL CIE DI MODENA

13 Gen 2014 silp per la cgil,

 

di Mohcine El Arrag

 

Il CIE di Modena non c’è più. «È stato soppresso, con decreto del Ministero dell’Interno, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, il Centro di identificazione ed espulsione di Modena», ha comunicato la Prefettura il 23 dicembre. Dopo anni l’obiettivo della chiusura, al centro dell’impegno di molti, tra i quali la Cgil, è stato infine raggiunto.

La storia del Cie di Modena inizia nel 2002, quando viene identificata la struttura adatta ad ospitarlo a due passi dal carcere. Nasce dopo una vergognosa campagna di raccolta di firme che identifica tout court i “clandestini” con i delinquenti. A Modena in tanti ricordano ancora con disagio e sofferenza un’immagine con la quale venne allora tappezzata la città: due mani ammanettate con sotto la scritta “I clandestini li vogliamo così”. Allora il Cie si chiamava Ctp, come voleva la legge 40/98, la Turco-Napolitano. Le condizioni all’interno della struttura peggiorano ma mano che il periodo di detenzione si allunga a seguito di diversi interventi legislativi e precipita dal punto di vista gestionale con il subentro nella gestione dell’Oasi di Siracusa al posto della modenese Misericordia, che non è in grado di garantire i livelli minimi di vivibilità dopo che con la spending rewiew c’è un taglio drastico del finanziamento giornaliero per detenuto da 75 a meno di 30 euro. L’Oasi, infatti, ben presto comincerà a non pagare gli stipendi agli operatori. Ora si apre il dibattito sull’utilizzo della struttura. Il sindaco Giorgio Pighi suggerisce di usarne i locali come spazio per misure alternative alla pena per carcerati prossimi alla fine pena. Altri invece pensano di destinarlo ai rifugiati nel quadro dello Sprar. Rimane aperto il problema di collocare gli operatori che vi lavoravano.

 

 

CHIUSURA DEL CIE DI MODENA/IL COMUNICATO STAMPA DELLA CGIL

La chiusura del Cie di Modena, disposta dal Ministero dell’Interno, di concerto con quello dell’Economia e delle Finanze, è la scelta che auspicavamo, dopo mesi, anni, nei quali abbiamo sostenuto la inutilità e negatività di queste strutture.

Dopo la decisione, nell’agosto scorso – così come avvenuto a Bologna, a marzo – di disporre la temporanea sospensione dell’attività, per consentire lavori di ristrutturazione e di adeguamento, avevamo chiesto, insieme alle Istituzioni, Parlamentari, Associazioni, di avviare una riflessione che portasse ad assumere l’attuale decisione di chiusura definitiva.

Lo abbiamo sostenuto anche nel convegno nazionale che la Cgil ha svolto a Bologna lo scorso 3 dicembre: ci sono alternative praticabili per gestire il rimpatrio di chi ha perso i requisiti di permanenza regolare nel nostro paese, senza abusare del “trattenimento amministrativo”, che in Italia ha significato essere di fatto internati dentro strutture che non hanno requisiti di civiltà e rispetto dei diritti umani.

Di recente questa linea è stata assunta da un’importante ordine del giorno votato a maggioranza dalla Camera, ed è per questo che ci aspettiamo una decisione analoga a quella riferita a Modena anche per gli altri Cie esistenti in regione e nel resto del paese.

La via maestra passa dalla radicale modifica della Bossi-Fini, la cancellazione del “reato di clandestinità”, la predisposizione di un adeguato sistema di accoglienza per immigrati per ragioni economiche e richiedenti asilo, oltre una corretta attuazione della Direttiva Europea sui rimpatri.

Adesso che la decisione della chiusura del Cie di Modena è stata assunta, l’impegno nostro e delle Istituzioni deve essere rivolto alla tutela e alla ricollocazione dei lavoratori che erano occupati dentro quella struttura. Se non ci fosse stata la loro lotta, in tutti questi mesi, la situazione del Cie di Modena non sarebbe emersa nella sua effettiva assurdità e drammaticità, e non sarebbero maturate le condizioni che hanno portato alle decisioni ultime. Quelle professionalità possono essere valorizzate nell’ambito della implementazione di un nuovo e più adeguato sistema di accoglienza, che abbia nel ruolo degli Enti Locali il necessario perno, a partire dal sistema SPRAR.

Quei lavoratori non possono essere abbandonati: aspettano ancora 2 mesi di retribuzione (luglio ed agosto), non hanno alcuna certezza su 13^ e TFR, ed a causa delle inadempienze del Consorzio L’Oasi dal 16 novembre non risultano nemmeno in cassa integrazione.

Nei prossimi giorni chiederemo un incontro alle istituzioni modenesi per disegnare un percorso di riconversione lavorativa e nel frattempo avere garanzie di copertura con ammortizzatori sociali, oltre al recupero di quanto a loro spettante sino ad ora.

Bologna, 30 Dicembre 2013

CDL MODENA

CGIL EMILIA ROMAGNA

FP-CGIL EMILIA ROMAGNA

SILP REGIONALE EMILIA ROMAGNA

 

IL PD: GIUSTO CHIUDERE

I parlamentari modenesi del Pd Davide Baruffi e Stefano Vaccari che, da mesi, stanno seguendo le vicende interne al Cie di Modena, si dicono soddisfatti della decisione di chiudere definitivamente la struttura. “Come abbiamo più volte ribadito al ministro competente – spiegano Baruffi e Vaccari – le condizioni interne alla struttura modenese erano divenute non più sostenibili. I diritti dei lavoratori e quelli degli internati non erano più tutelati. La gestione affidata al massimo ribasso ad un operatore esterno aveva fatto definitivamente affiorare le contraddizioni e i tanti problemi di vivibilità di una struttura nata per consentire l’identificazione degli stranieri e trasformatasi, con le nuove leggi, in un luogo di detenzione dove convivevano, affiancati, irregolari e persone che non avevano commesso reati. La legge Bossi-Fini si è dimostrata un completo fallimento e con essa hanno fallito i Cie”.

 

DESI BRUNO, GARANDE DETENUTI EMILIA ROMAGNA: “DOVEROSA LA CHIUSURA DEL CIE DI MODENA”

La chiusura del Centro di Identificazione ed Espulsione di Modena ad opera del Ministero degli Interni è un fatto positivo e costituisce – ha detto la Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale, Desi Bruno – la presa d’atto di una situazione non più sostenibile per le persone trattenute e per coloro che vi lavoravano”.

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