CITTADINI STRANIERI: 0,2% I PENSIONATI

14 Nov 2013

Il Ministro per l’integrazione in collaborazione con l’Inps ha promosso la campagna “Il lavoro è cittadinanza” con la quale si propone di sensibilizzare l’opinione pubblica su un dato: i lavoratori migranti producono con le loro attività in Italia circa il 10% del prodotto interno lordo (PIL) versando la loro contribuzione nei bilanci del nostro sistema previdenziale. Il lavoro dei migranti è pertanto una risorsa e un’opportunità per tutto il Paese.

Nella conferenza stampa di presentazione sono stati resi pubblici diversi dati. I cittadini extra Ue che lavorano in Italia si suddividono in 883mila dipendenti con contratto a tempo indeterminato e circa 270 a tempo determinato, ai quali si aggiungono 467mila lavoratori domestici e 159mila esercenti di attività commerciali. Gli artigiani sono circa 120mila e 19mila i lavoratori subordinati.

Infine, 136mila sono i lavoratori dipendenti in ambito agricolo, quasi 17mila gli stagionali e circa 1.500 i coltivatori diretti. Quanto alle imprese individuali, sono oltre 300mila gli stranieri non comunitari che hanno avviato questo tipo di impresa.

Le prestazioni di cui usufruiscono i lavoratori stranieri, ha sottolineato Mastrapasqua, sono contenute: 323.500 sono che usufruiscono dell’assegno al nucleo familiare; 297mila i titolari di indennità di disoccupazione, 123mila coloro che fruiscono di cassa integrazione e 15.500 i titolari di indennità di mobilità. Ancora, 32.500 ricevono l’indennità di maternità e 15mila beneficiano dei congedi parentali. Infine, sono solo lo 0,2%, 26mila, i lavoratori stranieri non comunitari che usufruiscono di una pensione in Italia, a fronte di circa due milioni di lavoratori regolarmente assunti, e e 38mila quelli con una pensione di tipo assistenziale.

Per il Presidente dell’Inps Antonio Mastropasqua “con l’attuale sistema se un lavoratore extra Ue va via dall’Italia i contributi che ha versato decadono. Bisogna convertire gli accordi bilaterali per far sì che il lavoratore sappia di poter avere le prestazioni dovunque decida di andare a lavorare”.

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