11 Nov 2009
Il 22 e 23 ottobre si è svolta la riunione del Comitato consultivo sulla libera circolazione dei lavoratori, costituito dalla Commissione Ue e cui partecipano i rappresentanti dei governi, delle associazioni imprenditoriali e delle organizzazioni sindacali dei 27 Stati membri. Lo scorso 23 giugno il Comitato ha approvato un’opinione tripartita sulla libera circolazione dei lavoratori. Il testo di quest’opinione è stato criticato dalla Cgil, che ha chiesto una maggiore attenzione al rapporto fra diritti sociali e principio della libera circolazione dei lavoratori, alla luce delle recenti sentenze della Corte di giustizia europea. L’emendamento della Cgil non è stato, però, accolto, anche perché alcuni sindacati europei – in qualche modo schierati sulle posizioni di protezione del mercato del lavoro nazionale da parte dei propri governi – non hanno ritenuto fondamentale riproporre questo rapporto.
Per Jacki Morin, presidente del Comitato consultivo, l’opinione tripartita è importante perché sottolinea il ruolo del Comitato e presenta tre elementi positivi. Il primo di questi è l’enfasi data al ruolo attivo delle parti sociali nazionali e comunitarie nella sensibilizzazione sui diritti legati alla libera circolazione dei lavoratori, tanto che nel 2010 la Commissione europea finanzierà progetti di formazione e d’informazione proposti dalle parti sociali su questo tema. Il secondo aspetto positivo dell‘opinione tripartita del Comitato è costituito dall’individuazione delle iniziative per fare finire le misure transitorie
Un possibile seguito dell’opinione tripartita è il progetto Workplace in Europe, avviato dalla Ces agli inizi di ottobre, che prevede un questionario su quanto fanno i sindacati nazionali in materia di difesa dei lavoratori stranieri. Un secondo seguito dell’opinione tripartita, proposto dalla Ces e sostenuto anche dalla Commissione europea, potrebbe essere la fusione fra i due Comitati consultivi sulla libera circolazione dei lavoratori e sulla sicurezza sociale degli immigrati. L’obiettivo è di approfondire in modo più ampio e coerente i temi legati ai diritti del lavoro e sociali dei lavoratori stranieri. Questa proposta non sembra, però, sostenuta da tutti i sindacati europei: la confederazione inglese Tuc, a esempio, si è detta contraria alla fusione. La Commissione europea ha proposto al termine della riunione la costituzione di un gruppo ristretto per analizzare la possibile fusione fra i due Comitati. E’ stato, infine, deciso come seguito dell’opinione tripartita di presentare alcune iniziative per la cooperazione fra sindacati e governi sul tema della libera circolazione dei lavoratori nel corso della prossima riunione del Comitato.
Nel corso dei lavori è stata presentata la Comunicazione che la Commissione Ue sta preparando sui diritti dei lavoratori migranti. Questa Comunicazione sarà divisa in due parti. La prima definirà chi è l’occupato immigrato, mentre la seconda riguarderà i suoi diritti, soprattutto quando cerca lavoro o l’ha perso nel Paese ospite. Alla Comunicazione – che dovrebbe essere pubblicata l’anno prossimo – saranno allegati due documenti, uno sugli immigrati che lavorano nello sport e il secondo sulla libera circolazione dei lavoratori pubblici. La Ces ha chiesto nel corso della riunione di lavorare su questo tema prima della pubblicazione della Comunicazione.
Durante i lavori sono stati, infine presentate due proposte di Direttiva, la cui adozione è prevista il prossimo anno. La prima riguarda le condizioni di entrata e residenza dei lavoratori stagionali e prevede una semplificazione delle procedure per l’entrata nel Paese ospite e una maggiore sicurezza per gli stagionali. Il permesso di soggiorno sarà limitato a sei mesi (ma potrà valere più anni se il lavoratore è già stato impiegato in passato) e sarà concesso sulla base dei livelli di occupazione negli Stati. Il testo prevede anche una definizione di lavoro stagionale. La Ces ha espresso nel corso della riunione le proprie preoccupazioni su questa proposta di Direttiva, sia perché promuove mobilità ed emigrazione senza preoccuparsi dei diritti sociali e del lavoro per gli stagionali, sia perché non è chiaro il rapporto fra la normativa su di loro e la legislazione comunitaria su quelli distaccati. Le associazioni imprenditoriali, dal canto loro, hanno domandato regole più elastiche sui lavoratori stagionali e il rappresentante di quelle austriache si è spinto fino ad affermare che non è necessaria e opportuna una normativa comunitaria sui lavoratori stagionali. La seconda Direttiva riguarda, invece, i trasferimenti di lavoratori da un Paese all’altro nell’ambito della stessa azienda, che potrà valere per i dirigenti aziendali fino a tre anni. Le associazioni imprenditoriali hanno chiesto che non ci sia un limite temporale per i lavoratori che si trasferiscono da una filiale all’altra della stessa azienda.
Fonte: Il lavoro in Europa. Notiziario sulle politiche attive del lavoro in Europa, a cura della Cgil nazionale, novembre 2009