15 Apr 2015
di M. Elisbetta Vandelli
L’8 aprile si è celebrata la giornata internazionale dei rom e dei sinti, in ricordo di quando a Londra si riunì il primo Congresso internazionale del popolo Rom e si costituì la Romani Union, la prima associazione mondiale dei Rom, riconosciuta poi dall’ONU nel 1979 .
Se è vero che il popolo Rom è uno dei più discriminati in Italia e in tutto il mondo, è altresì vero che ogni occasione può essere utile per spezzarne il pregiudizio e la stigmatizzazione.
In questo contesto si inserisce la recente sentenza del Tribunale Civile di Roma che ha condannato una società editrice di un volume giuridico ritenendolo discriminatorio in danno della comunità Rom e Sinta. Il testo, contenente un parere motivato di diritto penale, affronta il tema dei rapporti tra il reato di ricettazione e quello di incauto acquisto. In particolare analizza le circostanze indizianti soggettive in grado di far sorgere, in colui che acquista, il sospetto che la cosa offerta provenga da reato, esprimendosi così: “quando, ad esempio, la cosa nonostante il suo notevole valore, sia offerta in vendita da un mendicante, da uno zingaro o da un noto pregiudicato”.
La frase sopra citata veicola un messaggio di contenuto pregiudizievole nei riguardi del predetto gruppo etnico.
Nello scritto impugnato si fa, infatti, riferimento al termine “zingaro” come indicativo della appartenenza ad un gruppo etnico associato automaticamente alla commissione di azioni criminose, in particolare alla commissione di reati contro il patrimonio. Ossia solo per la appartenenza al gruppo etnico rom e sinta sussisterebbe il rischio della provenienza delittuosa dei beni da essi offerti in vendita.
Tale associazione si sostanzierebbe, dunque, in un elemento di sospetto collegato non ad un modo di agire ma all’essere in sé, ossia un pregiudizio.
Un tale pregiudizio è lesivo della dignità ed in grado di diffondere uno stereotipo negativo, oltre che un preconcetto razziale privo di fondamento, stigmatizzando l’intera comunità rom.
A seguito della condanna della società editrice, è stato ritirato dal mercato il volume incriminato oltre che eliminata l’espressione discriminatoria.