30 Ott 2013
di Ciro Spagnulo
L’Italia è un Paese che non sa di immigrazione. Non sa distinguere un immigrato economico da un rifugiato. I media non aiutano, ma contribuiscono alla confusione. Ancora in questi giorni chiamano “clandestini” perfino i richiedenti asilo. Facilitare la comprensione e, quindi, la ricerca di soluzioni sembra uno sforzo sovrumano. Quanta poca conoscenza ci sia lo dimostrano titoli, commenti, articoli e servizi che si succedono sulla tragedia di Lampedusa, messa in relazione con la “Legge Bossi-Fini” e con il reato di clandestinità. Certo, le leggi italiane sull’immigrazione vanno riviste e/o abrogate per le ragioni più volte esposte su queste pagine, ma le stragi in mare nascono da confini che respingono, da un’Europa costruita come una fortezza, dalla difficoltà a ottenere un visto. Sono soprattutto le norme e le politiche europee sull’immigrazione e l’asilo, con i loro dispositivi politici e militari, che vanno messe sul banco degli imputati.