27 Nov 2012
Scovare i “clandestini” cercando i loro figli nelle aule scolastiche ed espellerli. Lo ha proposto agli inizi di novembre La Padania, quotidiano della Lega Nord. Le camice verdi, dunque, rimangono coerentemente feroci con gli immigrati e non si fermano nemmeno di fronte ai bambini. Come già in passato. L’episodio ha suscitato la riflessione che di seguito proponiamo. (cs)
di Vincenzo Intermite
Quando si pretende dalle istituzioni scolastiche l’epurazione dei bambini immigrati in nome della salvaguardia di una malintesa “identità” se ne dimenticano le essenziali caratteristiche dii laicità, pluralismo e democrazia, caratteristiche che, inevitabilmente, rimandano al concetto di differenza.
Questo concetto è stato il cavallo di battaglia di chi in passato ha combattuto il razzismo su base biologica, il razzismo che afferma che vi sono uomini superiori e uomini inferiori per natura e i primi hanno il diritto di dominare sui secondi. Questo tipo di razzismo non trova più posto nel mondo contemporaneo perché poggia ormai su basi estremamente fragili e quindi facilmente attaccabili.
A questa crisi gli irriducibili “cavalieri dell’identità” hanno reagito attraverso il sottile stratagemma di appropriarsi strumentalmente di quel concetto e di utilizzarlo per difendere la propria causa: così si afferma che se è vero che vanno riconosciute le diversità di civiltà e culture, allora fra queste non è possibile alcun tipo di comunicazione né, tanto meno, di integrazione: è il razzismo differenzialista, il subdolo razzismo fondato sull’idea secondo cui ogni popolo ha la propria identità e questa identità deve essere strenuamente difesa da qualunque tipo di contaminazione.
E’ questo razzismo che è alla base della volontà di epurazione dei bambini immigrati; ma esso è ingiustificato perché fondato su un concetto estremamente semplicistico di “identità”: questa viene intesa come già data una volta per tutte, come una sorta di corredo genetico la cui origine resta avvolta nel mistero o fatta fideisticamente risalire ad un qualche intervento divino.
L’identità non è sostanza, ma processo; non è già data, ma è incessantemente da farsi, in fieri; l’identità è un cantiere perennemente aperto e si espande attraverso la relazione col “Tu”, e quanto più questi “Tu” è diverso tanto più è costruttivi e tanto più contribuisce all’edificazione dell’identità. L’identità senza differenza è nulla, si riduce ad un’illusione che mente a se stessa, ad una forma di vuoto narcisismo depauperante che induce al solo specchiarsi e adularsi e a non crescere mai. Ma il narcisismo, si sa, nella migliore delle ipotesi si converte in vuota frivolezza, nella peggiore, quando diventa patologica, in discriminazione, persecuzione, eccidio.
L’identità nella differenza: è questo che la scuola laica, pluralista e democratica deve trasmettere ai bambini e ai giovani perché possano combattere questo razzismo subdolo e strisciante; e questo obiettivo non lo si consegue mediante raccomandazioni moralistiche o pedantesche lezioni, ma attraverso il confronto quotidiano col diverso, attraverso il reciproco arricchimento delle rispettive personalità grazie al nutrimento di quella risorsa che per ognuno è l’Altro.