12 Dic 2012
di Ciro Spagnulo
Con la sentenza depositata il 6 dicembre sul caso Md Sagor, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha risposto alle questioni sollevate dal Tribunale di Rovigo in ordine alla compatibilità del reato di ingresso e soggiorno irregolare (art. 10 bis t.u. imm.) con la direttiva 2008/115 in materia di rimpatri degli stranieri.
La Corte ha chiarito che non è contraria alla direttiva la previsione come reato della permanenza irregolare, quando, come nel caso dell’art. 10 bis, il legislatore preveda la sola pena pecuniaria, in luogo di quella detentiva: “…come hanno osservato i governi italiano, tedesco e dei Paesi Bassi, una disciplina che prevede, in circostanze come quelle previste dal decreto legislativo n. 286/1998, un procedimento penale che può sfociare nell’applicazione di un’ammenda, cui può sostituirsi la pena dell’espulsione, ha effetti sensibilmente diversi da quelli di una normativa che prevede l’avvio di un procedimento penale, che può condurre alla reclusione nel corso della procedura di rimpatrio”.
La Corte però sottolinea l’inconciliabilità di alcune previsioni nazionali con le norme europee.
Per i giudici europei la prevista possibilità di sostituire la pena pecuniaria con l’espulsione immediata a mezzo della forza pubblica può giustificarsi solo qualora esista il rischio che l’interessato fugga per sottrarsi alla procedura di rimpatrio, “ma qualsiasi valutazione al riguardo deve fondarsi su un esame individuale della fattispecie in cui è coinvolto l’interessato”.
Inoltre, considerano illegittima la sostituzione della pena pecuniaria, se non pagata, con la pena della permanenza domiciliare: “Inoltre, l’obbligo di permanenza domiciliare è idoneo a ritardare e, quindi, ad ostacolare quelle misure, come l’accompagnamento alla frontiera e il rimpatrio forzato per via aerea, che contribuiscono, invece, alla realizzazione dell’allontanamento. Siffatto rischio di pregiudizio alla procedura di rimpatrio sussiste in particolare qualora la disciplina applicabile non preveda che l’esecuzione dell’obbligo di permanenza domiciliare, applicato al cittadino di un paese terzo che si trova in soggiorno irregolare, debba avere fine a partire dal momento in cui sia possibile realizzarne l’allontanamento”.
Commentando la sentenza, Magistratura Democratica e Asgi (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) palano di “una grave bocciatura della legislazione italiana e delle sue scelte”. Scrivono: … bisogna ricordare le ragioni per cui, nel 2009, la maggioranza dell’epoca aveva deciso di introdurre il reato di ingresso e soggiorno irregolare: lo scopo di prevedere, per il migrante irregolare, il ricorso alla sanzione penale non era tanto quello di comminare una pena pecuniaria dal modestissimo effetto deterrente, quanto quello (espressamente rivendicato dall’allora ministro dell’interno Maroni) di aggirare in questo modo la direttiva, procedendo subito all’accompagnamento coattivo disposto dal giudice penale senza concedere il termine per la partenza volontaria previsto invece nella direttiva. La Corte ha detto con chiarezza che ciò non è possibile, perché lo Stato deve concedere tale termine salvo che non si riscontri, nel caso concreto, un rischio di fuga dello straniero. Nonostante che il reato non sia stato dichiarato di per sé incompatibile con la direttiva, la sentenza costituisce, obiettivamente, una grave bocciatura della legislazione italiana e delle sue scelte, improntate ad una logica punitiva, ingiusta ed inefficace”.