27 Ott 2011
di Ciro Spagnulo
Il Tribunale di Trieste, sezione lavoro, ha accertato il carattere discriminatorio del bando indetto dall’Azenda per i Servizi Sanitari della città, che escludeva i cittadini extra UE, ordinando di consentire la partecipazione al concorso anche agli stranieri privi di cittadinanza italiana o comunitaria.
Scrive l’ASGI: “Il Tribunale ha riconosciuto come la legislazione italiana in materia concorsuale, prevedendo la clausola di cittadinanza italiana o comunitaria, appare in contrasto con norme di rango anche sopranazionale che prevedono il principio della parita’ di trattamento in materia di accesso all’impiego, con l’unica eccezione di quelle situazioni che implichino l’esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri ovvero attengano alla tutela dell’interesse nazionale (art. 2 c. 3 del T.U. imm. facente riferimento alla Convenzione OIL n. 143/1975, ma anche l’art. 11 della direttiva n. 109/2003/CE sui lungo soggiornanti). In particolare, secondo il giudice del lavoro, il Testo Unico immigrazione (art. 27) e le sue norme regolamentari applicative (art. 40 c. 21 d.P.R. n. 394/99), hanno previsto una speciale condizione per gli infermieri extracomunitari autorizzati all’ingresso per svolgere tale attivita’ professionale, con la possibilità espressamente prevista di assunzione presso “strutture sanitarie pubbliche e private […] a tempo indeterminato”. Ne consegue, che tale specifica normativa ha comportato senza dubbio una deroga alle norme che richiedono il requisito della cittadinanza, e alla luce di tale deroga deve essere letta ed interpretata la clausola di apertura di cui all’art. 2 del Regolamento n. 220/2001, nel fare “le equiparazioni stabilite dalle leggi vigenti”. Sull’argomento si era già espresso l’UNAR, il cui parere il Tribunale ha condiviso”.
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