DONNE MIGRANTI: UN’OPPORTUNITA’ PER IL NOSTRO PAESE

26 Giu 2012

 

DONNE MIGRANTI: UN’OPPORTUNITA’ PER IL NOSTRO PAESE

 

di Enza Cubelli

 

Il secondo numero della rivista “L’economia dell’immigrazione” della Fondazione Leone Moressa si focalizza su uno degli aspetti più caratteristici dei fenomeni migratori e cioè sulla presenza sempre più importante della componente femminile nella popolazione straniera residente e nei flussi migratori internazionali. Viene posta particolare attenzione alle caratteristiche del suo inserimento occupazionale e agli effetti che questo genera nel contesto sociale dei paesi di insediamento. L’articolo che segue ne sintetizza alcuni contenuti.

Le varie indagini sulla situazione degli immigrati hanno, nelgi ultimi tempi, focalizzato la loro attenzione su uno degli aspetti più caratteristici dei fenomeni migratori che interessano oggi le società e le economie dei paesi cosiddetti altamente industrializzati, vale a dire sulla presenza sempre più importante della componente femminile nella popolazione straniera resi­dente e nei flussi migratori internazionali. Viene posta particolare attenzione alle ca­ratteristiche del suo inserimento occupa­zionale e agli effetti che questo genera nel contesto sociale dei paesi di insediamento.

il contesto italiano si rivela un osservatorio privilegiato per il fatto che la componente femminile è prevalente ormai da un paio d’anni tra la popolazione straniera residente e da più di dieci anni nei flussi migratori in ingresso nel paese. Risulta di notevole rilevanza anche il fatto che insieme all’arrivo e alla permanenza nel paese di donne immigrate mediamente molto giovani, si sviluppano nuclei fami­gliari in grado di incidere positivamente sul trend demografico, contribuendo al ringio­vanimento della popolazione. Di fondamen­tale importanza si dimostra anche il contri­buto che le donne immigrate forniscono al processo di integrazione, grazie soprattutto alla loro capacità di favorire l’incontro tra la propria famiglia/comunità e la società di accoglienza.

 

Le donne immigrate in Italia hanno trovato e trovano opportunità nel mercato del lavo­ro principalmente nel settore dei servizi di cura. Un settore in forte crescita in conse­guenza del manifestarsi nel paese dell’e­sigenza di prestazioni assistenziali che per

tradizione vengono affidate alle donne, e che oggi lo Stato si dimostra incapace di soddisfare. Un mercato del lavoro domesti­co privato alimentato, nonostante la crisi, dalla crescente domanda di servizi di cura proveniente dai suoi principali destinatari: persone anziane e famiglie

Ci si trova oggi di conseguenza di fronte ad un “esercito” di lavoratrici composto prevalentemente da giovani immigrate, che contribuisce di fatto all’affrancamento delle donne italiane dal tempo riservato al lavoro di cura della famiglia e la sua conciliazione con il tem­po di lavoro, ma che purtroppo si trova ad operare in contesti in cui spesso il rapporto di lavoro risulta totalizzante e in cui l’irre­golarità la fa da padrona

.

Emergono dunque, nella sua attualità, la questione del riconoscimento della dignità del lavoro di cura e del ruolo delle donne migranti nelle società ospiti, e tutte le criti­cità di funzionamento di un sistema di tute­le che ne impedisca lo sfruttamento, il sot­toinquadramento e la sottoretribuzione. Gli immigrati presenti in Italia sono prevalentemente giovani e le donne migranti tendono ad avere più figli ri­spetto alle autoctone. Inoltre non va sottovalutato come l’immigrazione favo­risca l’aumento del tasso di partecipazione delle donne autoctone al mercato del lavoro. Il progressivo invecchiamento della popolazione, dovuto all’aumento della speranza di vita e alla ridu­zione della natalità, mina la tenuta dei sistemi di pro­tezione e l’immigrazione costituisce un potente fattore di riequilibrio della struttura demografica e di antidoto ai suoi effetti negativi sugli equilibri finan­ziari del sistema di sicurezza sociale. I flussi migratori sono infatti composti prevalentemente da individui ap­partenenti alla fascia di popolazione attiva e i migranti hanno in media 31,8 anni (Istat, 2011a). Il 78,8% dei 4.570.317 stranieri presenti nel nostro territorio ha un’età compresa fra 15 e 64 anni, il 18,9% ha meno di 15 anni e solo il 2,3% ha 65 anni e oltre. Considerando invece la ripartizione per sesso emerge che le donne migranti rappresentano il 51,8% del totale e che, se si escludono i minori, la componen­te femminile supera quella maschile in tutte le classi di età. Le donne straniere residenti nel nostro paese tendono ad avere più figli rispetto alle italiane: nel 2010 le prime hanno avuto in media 2,13 figli, le seconde 1,29. Il contributo alla natalità delle madri straniere è quindi rilevate. L’impatto positivo dell’immigrazione sulla struttu­ra demografica ha dunque una duplice natura: nell’im­mediato, l’ingresso di una popolazione straniera preva­lentemente giovane aumenta la quota della popolazione attiva; nel lungo periodo, il più alto tasso di natalità nelle famiglie di immigrati produce un aumento della natalità media. I lavoratori, e soprattutto le lavoratrici, immigrati aumentano l’offerta di servizi domestici allentando così i vincoli all’attività lavorativa delle donne al di fuori del contesto familiare

Più recentemen­te un’altra analisi, di origine Banca d’Italia (Barone, Mocetti, 2010), ha provato una significativa correlazione fra la presenza di immigrati occupati nell’e­rogazione di servizi alle famiglie e la quantità delle ore che le donne autoctone altamente qualificate dedicano al lavoro. Il primo riguarda l’aumento delle entrate delle famiglie e quindi le mag­giori possibilità di consumo, investimento e risparmio.

I forti flussi migratori hanno favorito una ricomposizione dell’uso del tempo a favore del lavoro fuori casa e portato a un nuovo equilibrio tra carichi fa­miliari e lavoro per le donne italiane. Tutto ciò grazie all’afflusso di immigrate che offrono servizi alle famiglie quali la cura di bambini e anziani. La forte crescita del numero degli immigrati è stata trainata soprattutto dalla componente femminile, portando a un riequilibrio della distribuzione per genere della popolazione straniera che, ancora nel corso degli anni novanta, vedeva una netta prevalenza degli uomini. Oggi oltre la metà degli stranieri sono donne. Le immi­grate si caratterizzano anche per essere maggiormente occupate nella fornitura di lavori domestici (babysitter, badanti, pulizie domestiche, ecc.): la quota delle stra­niere occupate in tale settore è oltre 5 volte quella delle italiane. Per questi aspetti l’Italia è peculiare anche nel confronto internazionale: la quota dei lavoratori stranieri occupati nelle famiglie è 2 volte e mezzo quella media nell’Unione Europea, oltre 10 volte superiore a quella dei paesi del Nord Europa.

Inoltre le immigrate che offrono servizi alle fami­glie provengono tipicamente da certi paesi e non da altri. È possibile individuare alcune nazionalità “spe­cializzate” in questo genere di occupazione: Ecuador, Filippine, Moldavia, Marocco, Perù, Polonia, Romania, Russia, Sri Lanka e Ucraina.

L’arrivo di immigrate specializzate ha dunque accresciuto l’offerta di servizi alle famiglie, ne ha ab­bassato il costo e ha quindi permesso alle italiane di accrescere le ore lavorate a scapito del lavoro domesti­co (non pagato).

In par­ticolare, quali sono le ragioni che spingono una famiglia a preferire l’assistenza offerta da un collaboratore privato piuttosto che quella offerta dal servizio pubblico, quali i canali di contatto e di reclutamento solitamente percor­si per avviare il rapporto e le difficoltà che si incontrano nella conduzione di un rapporto di lavoro di questo tipo, comprese le condizioni che frenano e a volte impedisco­no l’emersione di una parte purtroppo rilevante del lavoro domestico oggi ancora sommerso..

Quasi la metà del­le famiglie italiane impiega una badante per l’assistenza ad anziani parzialmente non autosufficien­ti. Si tratta di un’assistenza polifunzionale, anche se il 62,5% delle famiglie e ricorre all’assistenza semplicemente per la pulizia di casa e la preparazione dei pasti. Nella maggior parte dei casi, la badante trova sistemazione nella stessa abitazione della persona as­sistita. Tale prossimità tra datore di lavoro e lavoratore, è motivabile con un monte ore di lavoro giornaliero su­periore alle 16 ore. La formula di pagamento più diffusa per una simile prestazione, prevede una retribuzione che va dai 500 € ai 1000 € e la garanzia del vitto e dell’alloggio.

Sono poche, precisamente l’11,4% del totale, le famiglie che ricorrono al lavoro di una ba­dante per l’assistenza ad anziani totalmente non au­tosufficienti. E’ più frequente (il 49,0% dei casi) che le badanti vengano assunte per l’assistenza ad anziani parzialmente non autosufficienti e per l’assistenza di anziani autosufficienti (38,5%).

Il 62,5% delle famiglie affida alla badante com­piti di pulizia della casa e di preparazione dei pasti e il 56,4% cure infermieristiche all’assistito. Inoltre, il 52,4% delle famiglie richiede alle badanti di tenere compagnia all’anziano, mentre appena il 38,5% affidano alla ba­dante la gestione della casa (come fare la spesa o pa­gare le bollette…).

Per svolgere questo tipo di mansioni, a ben il 40,2% delle badanti è richiesta una giornata lavorativa superiore alle 16 ore.

La maggior parte delle famiglie che hanno una badante paga alla badan­te.. dai 500 € ai 1000 € al mese più il vitto e l’alloggio, mentre il 17,8% solo uno stipendio mensile dai 500 € a 1000 €. Il 15,9% di esse paga meno di 500 € al mese più il vitto e l’alloggio, mentre il 9,5%, solo uno stipen­dio di meno di 500 € al mese. Sono appena il 4,1% le famiglie che stipendiano la badante con più di 1000 € al mese. Per il 6,7% invece, oltre ai 1000 €, è previsto anche il vitto e l’alloggio.

Alla luce della diffusione della formula retributi­va che include il vitto e l’alloggio, si può comprendere come il 74,3% delle famiglie italiane offra alla badante una sistemazione nella stessa abitazione dell’assistito e come, in solo il 25,7% dei casi, la badante viva in un’a­bitazione propria….Il costo della badante viene coperto nella metà dei casi dal solo reddito dell’assistito. Ma spesso la pensione dell’anziano non basta per sostenere tutte le spese: ecco che nel 26,1% dei casi intervengono i familiari, ma può anche succedere che il peso dello sti­pendio della badante sia affidato al solo reddito delle fa­miglie dell’assistito (16,8%). Più rari i casi in cui il costo viene in parte coperto anche dal sussidio pubblico (ove previsto, 4,1%), o solo ed esclusivamente da questo

La maggior parte delle famiglie preferisce affidare il proprio assistito ad una badante perché in molti casi è lo stesso anziano che ne condivide la scelta. Esse entrano in contatto con la badante tramite passaparo­la. Non sembrano esserci sono grosse problematiche nella gestione del rapporto di lavoro con la badante, ma quando si presentano si tratta di questioni lega­te all’espletamento delle pratiche burocratiche.

In molti casi la decisione di affidare ad una badante la cura dell’anziano avviene in maniera condivisa con l’assistito stesso: pur di avere un aiuto nella gestione della quotidianità o per non vedersi collo­cato in una casa di cura, l’anziano accetta la presenza di un assistente che provveda al suo sostegno.

http://www.fondazioneleonemoressa.org/newsite/2012/02/n-2-migrazioni-al-femminile/

http://www.fondazioneleonemoressa.org/newsite/wp-content/uploads/2012/02/rivistaFLM-2.pdf

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