15 Set 2014
“Un esercito silenzioso di uomini piegati nei campi a lavorare a volte tutti i giorni senza pause. Raccolta manuale di ortaggi, semina e piantumazione per 12 ore al giorno filate sotto il sole, chiamano padrone il datore di lavoro, subiscono vessazioni e violenze di ogni tipo. Quattro euro l’ora nel migliore dei casi, con pagamenti che ritardano mesi, e a volte mai erogati, violenze e percosse, incidenti sul lavoro mai denunciati e“allontanamenti” facili per chi tenta di reagire. Persone che per sopravvivere ai ritmi massacranti e aumentare la produzione dei “padroni” italiani sono letteralmente costretti a doparsi con sostanze stupefacenti e antidolorifici che inibiscono la sensazione di fatica e stanchezza. Una forma di doping vissuto con vergogna e praticato di nascosto perché contrario alla loro religione e cultura, oltre a essere severamente contrastato dalla propria comunità”.
Inizia con queste parole la cruda denuncia di “Doparsi per lavorare come schiavi”, l”indagine dell’ Associazione In Migrazione Onlus sull’uso di sostanze illecite da parte di alcuni braccianti sikh per sopportare la fatica del lavoro nei campi dell’agro pontino, alle porte di Roma. Qui ” migliaia di ‘nuovi schiavi’ vedono scorrere la loro vita praticando un lavoro faticoso, disumano, inimmaginabile per una società che si definisce civile e un Paese democratico. In un’area dove la presenza delle mafie è radicata anche nel mondo agricolo e imprenditoriale, che vede spesso dominare il lucroso business delle ecomafie, favorito da intimidazioni a istituzioni,imprenditori, forze dell’ordine e a magistrati, si consolida con metodi antichi e violenti la nuova schiavitù: esseri umani umiliati, sfruttati, non pagati e costretti a doparsi per accrescere i profitti del padrone. Una comunità che per cultura, religione e indole risulta accogliente, pacifica e dedita al lavoro, che subisce in silenzio lo sfruttamento cui è sottoposta, che auspica l’intervento delle Istituzioni per fermare un sistema che implicitamente, e a volte esplicitamente, impone sostanze dopanti ai suoi nuovi schiavi, con danni alla salute, alla dignità personale, all’identità e integrità dell’intera comunità”.
Corredano l’indagine le interviste ai lavoratori Sick raccolte dall’associazione.