12 Nov 2014
E’ stato presentato nei giorni scorsi il ‘Rapporto 2014 sull’economia del Mezzogiorno della Svimez’, del quale abbiamo già avuto modo di parlare nei numeri scorsi. Qui ricordiamo solo qualche dato.
Le “nuove emigrazioni” rischiano di determinare una grave perdita di capitale umano nel Mezzogiorno. Mentre il Centro-Nord sperimenterà nei prossimi anni una crescita della popolazione alimentata dalle migrazioni dall’estero, da quelle dal Sud e da una ripresa della natalità, il Mezzogiorno invecchia: i giovani emigrano verso il Centro-Nord ma soprattutto verso l’estero, per mancanza di prospettive di lavoro; le famiglie, colpite dalla crisi, fanno sempre meno figli. Infatti, per il secondo anno consecutivo, il numero dei morti al Sud sopravanza quello dei nuovi nati. Il calo delle nascite, che riguarda l’intero Paese, è particolarmente evidente al Sud, e questo fenomeno crea un saldo negativo, che si traduce in una diminuzione della popolazione via via crescente. La grave crisi demografica del Sud si traduce in un calo del suo peso sulla popolazione complessiva dal 36% del 2001 al 34,4% del 2013.
Dunque l’Italia, caso unico in Europa, continua a presentarsi come un Paese spaccato in due sul fronte migratorio: a un Centro-Nord che attira e smista flussi al suo interno corrisponde un Sud che espelle giovani e manodopera senza rimpiazzarla. Le migrazioni dal Sud al Centro-Nord hanno perso la connotazione di massa come negli anni ’50 e ’60 e hanno assunto caratteri più selettivi. Oltre a questa mobilità unidirezionale, altrettanto tipicamente italiana è la presenza, accanto a trasferimenti permanenti di residenza anagrafica, di trasferimenti “temporanei”, i cosiddetti pendolari di lungo raggio, che fisicamente lavorano e vivono per buona parte della settimana al Centro-Nord, ma che mantengono casa e famiglia al Sud. I settori in cui si trovano lavoro (a tempo determinato) sono soprattutto le costruzioni, l’industria in senso stretto e i servizi. Le regioni che attraggono maggiormente i pendolari di lungo raggio sono la Lombardia, il Lazio e l’Emilia Romagna.
Negli ultimi venti anni sono emigrati dal Sud al Centro-Nord circa 2,3 milioni di persone. In dieci anni, dal 2001 al 2011 sono migrate dal Mezzogiorno verso il Centro-Nord oltre 1 milione e mezzo di persone, di cui 188 mila laureati. Nel 2013 secondo stime SVIMEZ si sono trasferiti dal Mezzogiorno al Centro-Nord circa 116 mila abitanti. Non emigrano solo giovanissimi, anzi: se nel 2000 solo il 32% degli emigrati aveva tra i 30 e i 49 anni, nel 2012 la quota è arrivata al 42%, per effetto soprattutto della maggiore scolarizzazione. I laureati non costituiscono la maggioranza dei migranti, ma sono la sezione che cresce di più, da 17mila del 2007 a 26mila del 2012, +50% in cinque anni, un numero impressionante, se si pensa che l’area sforna tutto sommato meno laureati del Centro-Nord.
Nel 2012 i cittadini italiani trasferiti per l’estero sono stati circa 68mila, 18mila in più rispetto al 2011. Ma ad emigrare all’estero non sono i meridionali: in due anni, dal 2010 al 2012, i cittadini settentrionali che hanno preso la via dell’espatrio sono passati da 29 a 47mila. La maggior parte degli espatriati ha tra i 18 e i 39 anni, e al Sud il 28% degli espatriati è laureato. Interessante notare che se dal 2008 al 2013 i pendolari di lungo raggio dal Sud al Centro-Nord sono diminuiti del 21%, sono aumentati del 20% quelli diretti all’estero. In dieci anni, dal 2002 al 2012, i meridionali emigrati per l’estero sono stati quasi 185mila, soprattutto da Napoli (55mila) e Palermo (41mila).