È IN VIGORE IL NUOVO REGOLAMENTO DUBLINO III

25 Feb 2014

di M. Elisabetta Vandelli

Dal 1 gennaio 2014 è in vigore in tutti gli stati Europei il regolamento “Dublino III”, che riguarda il settore dell’asilo e si prefigge di rendere più efficiente e di migliorare la tutela giuridica dei richiedenti l’asilo.

Innanzitutto viene posta più attenzione ai vincoli familiari del richiedente per cui, per esempio, se quest’ultimo ha dei legami parentali in Italia, si possono far valere per chiedere la competenza dell’Italia all’esame della sua domanda di protezione. Vengono, infatti, stabiliti nuovi criteri per la determinazione dello Stato membro a cui il richiedente deve presentare una domanda di protezione internazionale in base ai quali, non solo la presenza di genitori o coniugi, ma anche la presenza di parenti stretti, è sufficiente a determinare la competenza. Sono introdotte anche misure di garanzia per il minore che deve essere assistito da un rappresentante, che ha accesso a tutte le informazioni pertinenti al caso. Lo Stato nel quale ha presentato domanda deve procedere in tempi brevi alla ricerca dei familiari. Tutta la procedura deve essere attuata nel rispetto del superiore interesse del minore.

In secondo luogo gli Stati membri devono prevedere, nel proprio diritto interno, l’effetto sospensivo del ricorso, per i richiedenti asilo che impugnano la decisione di trasferimento per la competenza di un altro Stato membro. Misura,questa, non prevista nel precedente regolamento Dublino II.

Infine è stata introdotta una modifica che ha trasformato un orientamento giurisprudenziale in norma. Questa novità consegue alla situazione che si è avuta in Grecia, quando i trasferimenti verso la Grecia erano stati bloccati a seguito di una sentenza della Corte di Giustizia che aveva stabilito che se la situazione in Grecia non tutelava il supremo interesse del richiedente asilo, questi non poteva essere costretto a tornare in Grecia, quale primo paese di approdo, per vedere esaminata la sua domanda. Viene, così, esplicitata l’impossibilità di trasferire un richiedente verso uno Stato membro nel quale il richiedente rischi di subire un trattamento inumano o degradante, facendo proprio il principio del divieto di trattamento inumano e degradante previsto dalla Convenzione dei diritti dell’uomo, ai sensi del quale non può stabilirsi a priori che un paese europeo sia per definizione sicuro.

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