EMILIA-ROMAGNA/GLI EFFETTI "INTERETNICI" DEL TERREMOTO

30 Set 2013 sisma, sisma 2012,

  

Poco prima dell’estate, sono state presentate due ricerche condotte dal Centro di Ricerca del Dipartimento di Educazione e Scienze Umane su Relazioni Interetniche, Multiculturalità e Immigrazione dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia sugli effetti del terremoto del maggio 2012 in Emilia-Romagna sulle relazioni tra italiani e immigrati vittime del sisma e sui bambini di scuola elementare a Carpi, Novi di Modena e Rovereto sulla Secchia.

“Effetti del terremoto sulle relazioni tra italiani e immigrati vittime del sisma”

La ricerca sugli effetti del terremoto sulle relazioni tra italiani e immigrati vittime del sisma ha rilevato che sia gli italiani sia gli immigrati si percepivano come vittime particolarmente colpite dall’evento sismico, sia per quanto riguarda i danni materiali subiti, sia in relazione alle conseguenze traumatiche a livello psicologico, però gli immigrati mostravano dei livelli di stress psicologico più alti rispetto agli italiani, dovuti probabilmente a una mancanza di sostegno sociale.

Gli italiani dichiaravano relazioni negative con gli immigrati a seguito del terremoto (soprattutto nelle tendopoli), mentre gli immigrati non manifestavano problemi di convivenza con gli italiani. Questo era vero anche a livello “indiretto”: gli italiani, più degli immigrati, riportavano di aver sentito altri italiani lamentarsi di relazioni ed episodi negativi con immigrati a seguito del terremoto.

Inoltre gli italiani, rispetto agli immigrati, sembravano sentirsi più minacciati per la presenza dell’altro gruppo, notando come nelle tendopoli gli immigrati occupassero spazi e usufruissero di pasti che avrebbero dovuto essere assegnati agli italiani e temendo che il gruppo italiano vedesse ridursi la quota spettante di aiuti economici da parte dello Stato a favore degli immigrati (la minaccia era comunque moderata e non particolarmente alta).

In linea con tali risultati, gli italiani non si percepivano come un gruppo unico, quello delle vittime del terremoto, al pari degli immigrati; questi ultimi, invece, si vedevano come un unico gruppo, indipendentemente dalle differenze etniche.

Oltre a rilevare lo stato delle relazioni tra i gruppi, la ricerca ha anche indagato gli atteggiamenti reciproci e il desiderio di aiutarsi e sostenersi.

In generale, gli immigrati si sono rivelati molto empatici nei confronti degli italiani, altamente disposti ad aiutare l’altro gruppo. Al contrario, mediamente, gli italiani provavano scarsa empatia per gli immigrati ed erano poco intenzionati ad aiutarli. Inoltre, mentre gli immigrati avrebbero diviso il 54% degli aiuti economici ricevuti dallo Stato, gli italiani erano disposti a cederne solo il 26% (tale dato, tuttavia, può essere spiegato anche in funzione della numerosità effettiva dei due gruppi: gli italiani, consapevoli di essere in larga maggioranza numerica, sanno di aver diritto a una percentuale di aiuti economici superiore).

E’ da notare, infine, che gli italiani non si dimostravano solidali neanche quando vi era da concedere aiuti agli immigrati in quanto vittime. Nello specifico, gli italiani mediamente non ritenevano che gli immigrati vittime del terremoto dovessero ottenere con più facilità il rinnovo del permesso di soggiorno, ricevessero la stessa quantità di aiuti economici e sostegno psicologico destinati agli italiani, vedessero sostenute le proprie imprese colpite dal sisma al pari di quelle italiane.

La ricerca, oltre a individuare i punti di criticità, si è anche posta l’obiettivo di indagare i fattori associati a un miglioramento delle relazioni tra i gruppi.

Anzitutto, è emerso che le persone che si sentivano vittime del sisma e per cui il terremoto era risultato più traumatico erano anche quelle più empatiche e che vedevano italiani e immigrati come un unico gruppo, quello delle vittime del sisma; vedersi come un gruppo unico e provare empatia verso l’altro gruppo portava poi ad atteggiamenti e intenzioni di aiuto reciproco più positive. Inoltre, quelli che si sentivano vittime di un evento traumatico inevitabile (in quanto determinato

dalla natura) provavano meno minaccia verso l’altro gruppo e, di conseguenza, desideravano di più aiutarlo e sostenerlo, vedendo gli altri non come “gruppi” diversi, ma solo come persone colpite dal terremoto.

Il terremoto in Emilia Romagna: effetti sui bambini di scuola elementare a Carpi, Novi di Modena e Rovereto sulla Secchia

I risultati hanno anzitutto evidenziato livelli decisamente alti di disturbo da stress post-traumatico. In particolare, mediamente, i bambini con segni da stress post traumatico sono ben l’80%. E’ interessante notare che la presenza del disturbo cresce con l’età, arrivando a toccare il suo picco nelle classi quinte, dove ben l’84% e dei bambini italiani e l’88% di quelli stranieri rivela segni di stress post-traumatico (probabilmente, con l’età cresce la comprensione dell’evento e, di conseguenza, della sua drammaticità e pericolosità).

I segni psicologici lasciati dal terremoto sono ancora più evidenti tra i genitori, dove sono le madri a presentare quadri più evidentemente stressati, come suggerito dal dato impressionante secondo cui il 92% (a fronte del 76% dei padri) presenta segni di stress post-traumatico.

Un dato positivo riguarda le strategie messe in atto per fronteggiare l’evento traumatico: nel campione preso in esame, una discreta percentuale di bambini ha usato strategie sia attive, volte a far fronte in maniera diretta all’evento, che di evitamento, mirate principalmente a evitare qualsiasi stimolo ricordasse il terremoto (entrambe mediamente usate al 64%), mentre i loro genitori hanno utilizzato soprattutto (al 78% le mamme, al 73% i papà) quelle attive.

Tale dato generale, se considerato in base alla provenienza etnica, è un po’ meno confortante nei bambini stranieri, dove la percentuale di utilizzo di strategie attive e di evitamento scende, mentre aumenta l’uso delle strategie negative (che non consentono di elaborare il trauma). Un secondo dato positivo consiste nel fatto che i bambini italiani mantengono livelli accettabili, anche se migliorabili, nelle prestazioni cognitive (68, su una scala da 0 a 100) e metacognitive (6, su una scala da 0 a 12). Questo risultato non è confermato nel gruppo di bambini stranieri (che ottengono punteggi medi di 61, per le prestazioni cognitive, e 4, per quelle metacognitive), per i quali però potrebbero aver influito le minori competenze linguistiche.

Un altro aspetto rilevante della ricerca riguardava le relazioni sociali tra gli alunni (tali dati si riferiscono solo ai bambini di terze, quarte e quinte).

Anzitutto, è emerso che i bambini hanno fortemente sentito il sostegno psicologico non solo dei genitori, ma anche degli amici. Inoltre, gli alunni si vedevano fortemente come un gruppo unico, quello delle vittime del terremoto, e desideravano conoscersi e aiutarsi l’uno con l’altro, indipendentemente dalle appartenenze sociali e dell’origine etnica. Sembra allora che, per i bambini, l’evento traumatico abbia rinforzato i legami sociali tra due gruppi (italiani e stranieri) le cui relazioni sono spesso conflittuali.

Oltre a fornire una “fotografia” degli effetti del terremoto, si volevano anche individuare i fattori che portano al miglioramento del benessere individuale.

Ne sono stati individuati due: per attutire gli effetti del terremoto è fondamentale condurre interventi che agiscano sulle capacità di mentalizzazione dei bambini e sul miglioramento delle relazioni sociali

 terremoto ricerca

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