27 Apr 2015
di Mirto Bassoli*
“Quanto accaduto ci colpisce profondamente e non può lasciare nessuno indifferente”. Probabilmente abbiamo usato parole simili, il 3 ottobre del 2013, quando accadde la tragedia di Lampedusa, seguita da un’altra pochi giorni dopo a largo di Malta. E così nelle scorse settimane, quando l’ecatombe, l’apocalisse, che si sta verificando nel Mediterraneo, ha visto scomparire in fondo al mare centinaia, migliaia di persone.
Adesso è ora di dire basta! E’ ora di rivendicare con tutta la forza morale e civile della quale disponiamo che si passi dalle parole ai fatti e che si ponga fine a questa enorme tragedia!
Avevamo detto da mesi che Triton non avrebbe funzionato e che avrebbe prodotto altre, tantissime, vittime. Adesso ne abbiamo la conferma: milleseicentocinquanta migranti morti dall’inizio del 2015, la metà di tutti i morti dell’anno scorso (quando però furono salvate in mare ben oltre duecento mila persone).
In queste ore si sentono avanzare proposte che hanno dell’incredibile e che sono sicuramente frutto di ignoranza e di una pericolosa deriva culturale che sta facendo adepti anche nel nostro paese. E speriamo che non trovino nel Governo orecchie disposte ad ascoltarle.
Ci sono due argomenti che vanno ribaditi.
Il primo riguarda il fatto che il 70% di chi attraversa il Mediterraneo scappa dai paesi d’origine per ragioni umanitarie (guerre, persecuzioni politiche o religiose, ecc…). Si tratta di persone che normalmente affrontano viaggi incredibili, che durano settimane o mesi, attraversando il deserto, venendo spesso reclusi, subendo violenze e, non infrequentemente, incontrando la morte ben prima di arrivare sulle coste della Libia, luogo nel quale si imbarcano nelle condizioni note, essendo già nelle mani dei mercanti di esseri umani. Questi migranti, queste persone non hanno paura di morire in mare, perché il pericolo di morire l’hanno già conosciuto prima.
Il secondo argomento è stato ben riassunto da Carlotta Sami (Portavoce UNCHR Sud Europa): “Dire che un’operazione di soccorso in mare attira nuovi rifugiati e migranti non è solo sbagliato, ma è anche totalmente inaccettabile e non rappresenta le basi culturali e di civiltà sulle quali è fondata l’Europa”. Bisognerebbe ricordare a tanti, in particolare ai Governi del nostro continente, che esistono le convenzioni internazionali, a partire dalla Convezione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati, come tra l’altro ha recentemente ricordato la stessa UNCHR. –
Allora cosa è necessario fare?
I Governi di tutta Europa e l’intera comunità internazionale (ONU) debbono promuovere immediatamente una conferenza sul Mediterraneo e decidere di intraprendere azioni:
– serve una nuova operazione di soccorso, a livello europeo, che ricalchi Mare Nostrum, oltre ad un nuovo sistema di accoglienza in Europa per i richiedenti protezione internazionale, incluso la modifica del regolamento “Dublino III”;
– è necessario garantire viaggi legali e sicuri per strappare i migranti dalle mani dei mercanti di esseri umani, dando così corretta attuazione e rispettando le lettera delle convenzioni internazionali.
Le risposte debbono venire principalmente dall’Europa, ma il Governo italiano non può decidere di scaricare solo sull’UE la responsabilità di decisioni che gli competono: il passaggio da Mare Nostrum a Triton è stata una decisione consapevolmente voluta e cercata dall’Italia!
E ce n’è anche per il movimento sindacale a livello europeo. In
queste ore registriamo il silenzio assoluto della CES. Mentre, invece, dovrebbe per prima la Confederazione europea farsi promotrice di un’iniziativa verso la Commissione e il Parlamento europei per rivendicare una urgente e diversa politica, rivolta ad affrontare il dramma al quale stiamo assistendo.
In questi giorni il movimento sindacale e il mondo delle associazioni del nostro paese si mobilita per gridare forte che, se i criminali stanno uccidendo migliaia di migranti, l’indifferenza rischia di uccidere la nostra civiltà!
La Cgil è promotrice di queste iniziative, a fianco di tutti coloro che vogliono manifestare, come lo siamo sempre stati in questi anni in occasione delle altre tremende stragi del Mediterraneo e di fronte alle tante guerre che devastano le popolazioni di tantissime aree del mondo.
Il 1° maggio di quest’anno si celebra a Pozzallo (Ragusa), luogo quantomai simbolico e che abbiamo volutamente scelto insieme a Cisl e Uil, con lo slogan “La solidarietà fa la differenza. Integrazione, lavoro, sviluppo. Rispettiamo i diritti di tutti, nessuno escluso”.
C’è bisogno che tutte le piazze del Primo Maggio facciano vivere con forza queste parole d’ordine.
- *Mirto Bassoli è componente della Segreteria regionale della Cgil dell’Emilia Romagna