26 Nov 2013
di Mirto Bassoli*
Fuori i migranti dai CIE .Fuori i CIE dall’ordinamento. E’ questo il titolo scelto per il Convegno che il prossimo 3 dicembre si svolgerà a Bologna, promosso dalla Cgil nazionale, dalla Cgil dell’Emilia Romagna, dalle Camera del Lavoro di Modena e Bologna, dalla FP-Cgil dell’Emilia Romagna.
L’esigenza di fare una discussione sulla realtà dei CIE era da tempo sentita a livello nazionale, trattandosi questo di uno dei vulnus principali dell’impianto normativo e concettuale in materia di immigrazione nel nostro paese, ma anche della stessa democrazia. La scelta di svolgerla in Emilia Romagna è stata dettata dal fatto che, in modo quasi concomitante, la lotta avviata da molti mesi da parte del movimento sindacale (la Cgil in primis), insieme a diversi altri soggetti, ha portato alla chiusura temporanea delle due strutture esistenti in regione, 2 delle 13 presenti nel territorio nazionale.
Abbiamo avuto modo di denunciare pubblicamente, in numerose occasioni, la condizione inaccettabile nella quale versavano i CIE di Modena e Bologna. Inaccettabile per quanto riguardava la condizione dei trattenuti, ma anche per gli stessi operatori degli enti gestori, oltre che per le numerose altre figure che gravitano attorno ai CIE.
Se si è arrivati alla chiusura temporanea è esattamente in funzione di questo: condizioni di detenzione al limite della violazione dei diritti umani; clausole insostenibili nei contratti di appalto con gli enti gestori, che impedivano il riconoscimento pieno dei diritti contrattuali ai lavoratori, oltre a compromettere la qualità complessiva dell’assistenza ai trattenuti.
La condizione di Modena e Bologna non era diversa da quella di quasi tutti i CIE d’Italia, dove le condizioni applicate violano costantemente principi sanciti dal nostro ordinamento Costituzionale, oltre che da quello internazionale.
Lo sforzo che vogliamo compiere con il Convegno del 3 dicembre è provare a guardare alla prospettiva futura, nel convincimento che serva una profonda modifica del quadro legislativo italiano, e scelte radicalmente diverse da parte del Governo.
La scommessa è rappresentata dalla possibilità concreta di poter, in prospettiva, fare a meno di luoghi come i CIE, in Emilia Romagna e su tutto il territorio nazionale, oltre a ridurre al minimo essenziale la cosiddetta “detenzione amministrativa”.
Bisogna fare delle scelte coraggiose. E’ necessario innanzitutto modificare la Bossi-Fini, partendo da quelle norme che regolano la cosiddetta “immigrazione economica”, che sono esse stesse produttrici di immigrazione clandestina, e cancellando lo stesso famigerato “reato di clandestinità”.
Poi è necessario interrompere il flusso di coloro che attualmente vengono indirizzati verso i CIE, con peraltro la prospettiva di una detenzione che si prolunga fino ad un massimo di 18 mesi (identificazione in carcere, per coloro che hanno commesso reati; gestione al di fuori di strutture detentive per coloro che diventano irregolari per perdita del posto di lavoro; ecc…), scegliendo la strada del “rimpatrio assistito” come la via maestra.
Se si riuscirà ad operare in questa direzione, si potrà rapidamente giungere a fare a meno di strutture come i CIE e riportare il nostro ordinamento entro l’alveo di modalità civili ed umane di gestione dell’immigrazione. Potrà forse essere necessario una gradualità e prefigurare tappe intermedie, ma questa è la strada che, a partire dal Convegno del 3 dicembre, la Cgil vuole con forza indicare.
*Mirto Bassoli è componente della Segreteria Cgil Emilia Romagna