16 Mar 2012
di M. Elisabetta Vandelli
Andrea e Senad, due fratelli poco più che ventenni di origine bosniaca, nati e cresciuti in Italia, precisamente a Sassuolo e qua sempre vissuti, sono rinchiusi, dal 10 di febbraio, al Centro di Identificazione ed Espulsione di Modena perchè i genitori, lavoratori ambulanti, hanno perso il lavoro e di conseguenza anche il permesso di soggiorno a cui era legata la permanenza sul territorio dei due ragazzi.
I genitori stessi non hanno mai, però, neppure provveduto a naturalizzare i figli, entro il compimento del diciottesimo anno di età, all’ambasciata bosniaca, per cui i due giovani oggi vivono in un limbo legale in base al quale non sono riconosciuti né dall’Italia, non avendo ulteriormente provveduto a richiedere la cittadinanza entro il compimento del diciannovesimo anno di età, né dalla Bosnia, che non li ha mai censiti e che non sa chi essi siano.
Andrea e Senad non hanno mai lasciato l’Italia, ma, in buona sostanza, risultano apolidi di fatto,
eppure, anche se non esiste un paese che, riconoscendoli come cittadini, possa riceverli, sono rinchiusi al CIE, in attesa di un espulsione che non potrà quindi mai avvenire.
Nella loro situazione è dunque evidente che non sussista alcuna prospettiva effettiva di rimpatrio, pertanto il Giudice di Pace di Modena, investito della causa, dovrebbe procedere all’immediata liberazione, ottemperando a quanto stabilito dall’art. 15, co.4 della così detta “direttiva rimpatri”, in base al quale, ancorché il soggetto abbia tenuto un comportamento aggressivo e/o non disponga di mezzi di sussistenza propri né di un alloggio o di mezzi forniti dallo Stato in cui vive, se ne impone l’immediata liberazione quando il trattenimento non sia giustificato.
E il caso di Andrea e Sanad coincide esattamente con quanto appena descritto, vittime di un trattenimento illegittimo in quanto ingiustificato, perchè in funzione di un’espulsione non attuabile in quanto soggetti apolidi, e, dunque, senza uno Stato verso cui essere rimpatriati.