IL DECRETO PER GLI SBARCATI E' UN PRIMO SEGNALE DI RAZIONALITA', MA…

14 Apr 2011

 

IL DECRETO PER GLI SBARCATI

E’ UN PRIMO SEGNALE DI RAZIONALITA’,

MA CONTIENE LIMITI GRAVI E LASCIA DUBBI IRRISOLTI.

INFINE OMETTE DI DIRE CHE IL PERMESSO UMANITARIO

PUO’ ESSERE CONVERTITO IN UNO PER LAVORO

Di fronte all’ingovernabilità della situazione, alla fine il Governo ha dovuto rilasciare il permesso di soggiorno per motivi umanitari agli immigrati giunti a Lampedusa. E la Lega ha dovuto ingoiare, rimangiandosi l’improvvido ‘fora di ball!’. Dicono che la facce leghiste siano sì sempre verdi, ma di rabbia, questa volta, ed è un verde che cambia rapidamente in rosso, il rosso vergogna, di fronte ai propri militanti ed elettori, per le frottole raccontate. Alla gente di buon senso, alle organizzazioni che lo sollecitavano, il decreto che riconosce per sei mesi il soggiorno per motivi umanitari, appare, invece, pur con i suoi limiti gravi, incomprensibili e arbitrari, come il primo segnale di razionalità e pragmatismo dopo la scandalosa gestione degli sbarchi. Ma contiene, appunto, dei limiti che bisognerà al più presto correggere se non si vuole tornare al caos. Non si capisce, ad esempio, perché mai la protezione umanitaria debba essere riconosciuta soltanto a chi è sbarcato fino al 5 aprile. Non risulta, infatti, che a quella data sia magicamente cessata l’emergenza umanitaria che ha spinto migliaia di persone a lasciare la Tunisia, e, infatti, gli sbarchi continuano. Perché poi, per fare ancora un esempio, concedere solo otto giorni di tempo dalla pubblicazione del decreto in Gazzetta per la richiesta del permesso?. “Se una persona si trova in condizione di bisogno, non è che quel bisogno decada nel giro di otto giorni”, osserva in un’intervista al manifesto Gianfranco Schiavone dell’Asgi. “Potrebbero esserci persone che entreranno in possesso di informazioni errate, oppure che avranno paura di presentarsi in questura per i motivi più vari, perché magari sono fuggiti da un centro. Non si può escluderli perché si presenteranno in ritardo”. Il decreto, poi, non chiarisce questioni importanti, come ad esempio se è la questura del luogo d’arrivo a rilasciare il permesso o quella del luogo in cui ci si trova. Omette, infine, informazioni essenziali: non dice che passati i sei mesi di validità il permesso umanitario può essere convertito in uno per lavoro.

d.p.c.m.5.aprile.2011.ex.art.20.testo.unico.immigrazione.misure.di.protezione.umanitarie

APPROFONDISCI: http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=1550&l=it

                               http://www.meltingpot.org/articolo16665.html

 

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