12 Nov 2014
di Ciro Spagnulo
Nei giorni scorsi è stato presentato il Dossier Statistico Immigrazione 2014, curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS per conto dell’UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. “Dalle discriminazioni ai diritti” è il sottotitolo: costituisce la linea ispiratrice dei numerosi capitoli che mettono a disposizione i dati più aggiornati sui flussi, sui soggiornanti, sull’inserimento nel mondo del lavoro e nella società, sul nuovo panorama interreligioso e sullo stato delle pari opportunità, scendendo fino ai singoli contesti regionali. In questo modo UNAR intende diffondere una conoscenza adeguata delle condizioni in cui versano gli immigrati in Italia, ponendo in evidenza chiusure e discriminazioni ma anche indicando le prospettive per un loro superamento.
Il Dossier Statistico Immigrazione tradizionalmente accompagna gli operatori sociali e i dipendenti pubblici nel loro impegno sul versante delle migrazioni e delle politiche di integrazione. Per il Direttore Generale dell’UNAR, Marco De Giorgi, “l’autorevolezza di questo Rapporto è data da una impostazione metodologica consolidata nel tempo, che consiste nel raccogliere i dati disponibili presso tutte le fonti ufficiali e nel presentarli in maniera efficace al dibattito pubblico per una corretta informazione”. Afferma De Giorgi che “se si vuole stimolare un processo decisionale che sia consapevole e informato su queste problematiche, occorre partire dalle evidenze statistiche e dalle conoscenze che ne derivano”.
Per Ermengilda Siniscalchi, Capo Dipartimento Pari Opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, “l’immigrazione costituisce una grande risorsa per lo sviluppo del nostro paese, ma comporta anche l’impegno delle istituzioni per garantire politiche organiche di integrazione sociale e di promozione delle pari opportunità per i nuovi cittadini. Solo in questo modo”, sottolinea, “è possibile coniugare sviluppo e coesione sociale”. Però “l’azione amministrativa e l’impegno pubblico, per il raggiungimento di tali obiettivi, hanno bisogno di una corretta e aggiornata conoscenza della realtà sociale ed economica dell’immigrazione e dei problemi da superare per il raggiungimento di una reale integrazione”, esigenza che viene ogni anno colmata con i dati statistici e le approfondite analisi del Dossier, “che anche per il 2014 è in grado di fornire una panoramica dei flussi migratori e della condizione di vita degli immigrati in Italia”.
“I giornalisti sono soliti chiedere quale è la chiave più caratterizzante del nuovo rapporto. Non è così agevole riassumere in qualche parola il significato di migliaia di dati. Comunque, questi convergono nel portarci a ritenere che in Italia siamo arrivati a un punto di non ritorno”, hanno detto Franco Pittau, Luca Di Sciullo e Antonio Ricci di Idos presentando il Dossier. “L’immigrazione è aumentata anche nel 2013, un ulteriore anno di grave crisi occupazionale, così come è aumentata in questi ultimi difficili sei anni, rivelando il suo carattere strutturale. Questo aumento, seppure ridimensionato rispetto a quello conosciuto nel decennio di inizio secolo, continuerà anche negli anni a venire e, se nel 2013 è stato raggiunto il livello di 5 milioni di presenze regolari, nel 2020 verranno superati abbondantemente i 6 milioni. (…). Il fattore quantitativo ha la sua importanza e non va trascurato. Ma seppure “non sono pochi a rendersene conto nel mondo politico-istituzionale e nel mondo sociale”, in questi stessi ambiti sono comunque molti coloro che non percepiscono ancora questo andamento. “La loro resistenza, più che ridimensionarne la portata fenomeno migratorio, contribuisce spesso solo a rendere più difficile le condizioni delle persone coinvolte nella mobilità, come attestano le inaccettabili asprezze nei confronti di chi arriva come profugo o chi vive stabilmente in Italia”. Il Dossier, hanno concluso, “mette a disposizione i dati in grado di mostrare la superficialità con cui si affrontano i fattori di espulsione nei paesi di origine e le condizioni di integrazione in Italia”.
LA DISEGUALE DISTRIBUZIONE DELLA RICCHEZZA COSTRINGE ALLA MOBILITÀ. IL QUADRO INTERNAZIONALE ED EUROPEO
E’ la diseguale distribuzione della ricchezza che costringe le persone alla mobilità. “Nel mondo si contano 7 miliardi e 124 milioni di persone. Se la ricchezza mondiale fosse equamente ripartita, ciascuno disporrebbe di un reddito medio annuo di circa 14mila dollari USA a parità di potere d’acquisto”. Ma, invece, 2,7 miliardi di persone (di cui oltre mezzo miliardo in Africa) sopravvivono con un reddito al di sotto della soglia di povertà: 2,5 dollari giornalieri.
Secondo le Nazioni Unite , alla fine del 2013 i migranti nel mondo sono stati 232 milioni, il 3,3% della popolazione mondiale, tra i quali 175 milioni di lavoratori, pari al 5% dell’intera forza lavoro del pianeta. Sono cresciuti al ritmo annuale di 2 milioni di unità negli anni ‘90, di 4,6 milioni di unità nella prima decade del 2000 e di 3,6 milioni di unità a partire dal 2010.
Nell’Unione Europea, a fine 2012, i residenti con cittadinanza diversa da quella del paese in cui vivono sono 34.061.000, il 6,8% della popolazione complessiva. Le presenze più consistenti si registrano in Germania (7.696.000), Spagna (5.072.000), Regno Unito (4.929.000), Italia (4.387.000 nel 2012, saliti a 4.992.000 nel 2013, per lo più a seguito delle revisioni post-censuarie) e Francia (4.089.000).
Le incidenze più elevate sulla popolazione totale si registrano, invece, in Stati più piccoli quali Lussemburgo (45,5%), Cipro (19,7%), Lettonia (15,4%) ed Estonia (15,0%). Nel 2012 gli ingressi di cittadini stranieri nell’UE a 27 sono stati quasi 3,4 milioni (400mila in più rispetto all’anno precedente) e nella metà dei casi (1,7 milioni) si è trattato di cittadini comunitari.
L’attuale crisi ha incrementato gli spostamenti dagli Stati membri del Mediterraneo verso il Nord, specialmente verso il Regno Unito e la Germania, paese che nel 2012 ha registrato l’arrivo di 40mila italiani e che è diventato il secondo sbocco mondiale per l’immigrazione a carattere “permanente” dopo gli Stati Uniti. Sono dati del Dossier Statistico Immigrazione curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS per conto dell’UNAR.
ITALIA, PAESE DI IMMIGRAZIONE. 5 MILIONI GLI STRANIERI RESIDENTI. MENO LAVORATORI, PIÙ FAMILIARI RICONGIUNTI
Dalla metà degli anni ’70 l’Italia è progressivamente diventata un paese di immigrazione.
Dopo oltre un quarantennio, alla fine del 2013, gli stranieri residenti nel paese sono ufficialmente 4.922.085 su una popolazione complessiva di 60.782.668, con un aumento rispetto all’anno precedente di 164.170 unità (+3,7%). Ma il Centro Studi e Ricerche IDOS stima una presenza effettiva di 5.364.000 persone in posizione regolare.
Le donne sono il 52,7% del totale, i minori oltre 1 milione (925.569 quelli con cittadinanza non comunitaria) e 802.785 gli iscritti a scuola nell’a.s. 2013/2014 (il 9,0% di tutti gli iscritti, ma benil 20% a Piacenza e a Prato).
L’incidenza dei residenti stranieri sulla popolazione totale ha raggiunto l’8,1%. (1 ogni 12 abitanti). n 27 province supera il 10%, con punte massime in alcuni piccoli comuni, tra i quali spicca Baranzate in provincia di Milano (incidenza del 31%).
Nel 2013, un quarto degli stranieri risiede in sole quattro province (Roma, Milano, Torino e Brescia). Gli stranieri residenti in Lombardia (oltre 1 milione) sono il 22,9% del totale nazionale e quelli residenti nel Lazio (oltre 600mila) il 12,5%.
Nonostante il policentrismo delle provenienze (196 nazionalità rappresentate), circa la metà degli immigrati (51,1%) proviene da soli cinque paesi (Romania, Albania, Marocco, Cina e Ucraina) e circa i due terzi (64%) dai soli primi dieci.
Rispetto al periodo antecedente la crisi, i flussi d’ingresso di nuovi lavoratori sono molto diminuiti. Nel 2013, i visti rilasciati per soggiorni superiori a 90 giorni sono stati 169.055, di cui solo 25.683 per lavoro subordinato e 1.810 per lavoro autonomo. Attualmente a determinare la crescita della popolazione straniera sono soprattutto gli ingressi per ricongiungimento familiare (76.164 visti) e le nuove nascite (77.705 a fronte di 5.870 decessi).
I cittadini italiani per acquisizione, che erano 285.782 nel 2001, sono saliti a 671.394 al Censimento del 2011 (+135%), cui si aggiungono 65.383 acquisizioni nel 2012 e 100.712 nel 2013.
Non è dato sapere quanti, tra gli immigrati non comunitari i cui permessi di soggiorno sono scaduti senza essere rinnovati (262.688 nel 2011, 166.321 nel 2012 e 145.670 nel 2013), si siano trattenuti in Italia. Dai registri anagrafici risulta che nel 2013 le partenze per l’estero hanno coinvolto ufficialmente solo 44mila cittadini stranieri e 82mila cittadini italiani (i nostri connazionali ufficialmente residenti all’estero sono 4.482.115 alla fine del 2013, nel 1861 erano solo 230mila). Sono dati del Dossier Statistico Immigrazione curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS per conto dell’UNAR.
MEZZO MILIONE GLI IRREGOLARI
Non vi sono dati certi, ma la popolazione straniera in posizione irregolare ammonterebbe a meno di mezzo milione di persone. Sono, invece, disponibili i dati sulle persone non autorizzate all’ingresso e alla permanenza in Italia: nel 2013 sono state 7.713 quelle intercettate alle frontiere italiane, 8.769 quelle rimpatriate e 13.529 quelle intimate di espulsione ma non ottemperanti a tale obbligo. Complessivamente si è trattato di 30.011 stranieri, in costante diminuzione dal 2006, quando furono, 124.381. Nel 2013, sono stati 107mila gli attraversamenti non autorizzati delle frontiere dell’UE, che nel periodo 2007-2013 ha speso 4 miliardi per il loro controllo e solo 700 milioni per progetti di accoglienza dei profughi. Sono dati del Dossier Statistico Immigrazione curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS per conto dell’UNAR.
ITALIA, TERRA D’ASILO
Nel mondo sono 1,2 milioni i richiedenti asilo la cui posizione è ancora in corso di definizione e 16,7 milioni quelli che hanno ottenuto lo status di rifugiati o una forma di protezione. In Italia, paese maggiormente esposto per la sua posizione geografica ai flussi di migranti in fuga attraverso il Mediterraneo, le persone “sbarcate” sono state 22mila nel 2006, 20mila nel 2007, 37mila nel 2008, 63mila nel 2011, 43mila nel 2013 e oltre 130mila nei primi 9 mesi del 2014 (con almeno 3mila persone morte nel corso di quest’ultimo anno durante la traversata). Nel 2013 sono state 26.620 le richieste d’asilo a fronte delle oltre 127mila ricevute dalla Germania. Sono dati del Dossier Statistico Immigrazione curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS per conto dell’UNAR.
UNA FORZA LAVORO INDISPENSABILE, MA ANCORA SUBALTERNA
Sono 2,4 milioni gli occupati stranieri, oltre un decimo del totale (l’incidenza era solo del 3,2% nel 2001). L’87,1% svolge un lavoro dipendente, seppure on notevoli differenze tra le varie collettività. Prevale l’occupazione nei servizi (63,6%) su quella nell’industria (31,7%, con il 13,3% nelle sole costruzioni) e in agricoltura (4,7%).
Alla fine del 2013 si contavano 3 milioni e 113mila disoccupati in Italia (493mila dei quali stranieri). Tra gli stranieri il tasso di disoccupazione è salito nel 2013 al 17,3%, mentre tra gli italiani all’11,5%; viceversa, il tasso di occupazione è sceso al 58,1% tra gli stranieri e al 55,3% tra gli italiani. Nel periodo della crisi (2008-2013), inoltre, il tasso di disoccupazione degli stranieri è aumentato di 5,7 punti percentuali (tra gli italiani di 3,6 punti).
Sono diversi i punti critici che caratterizzano l’inserimento nel mondo del lavoro degli stranieri, a cominciare dalle differenze salariali. Nel 2013 sono cresciute: 959 euro, -27% rispetto ai 1.313 euro dei lavoratori italiani. E’ più elevata, inoltre, la loro presenza tra i sottoccupati e nelle occupazioni meno qualificate. In quest’ultime rappresentano più di un terzo (35,3%), n particolare nei servizi domestici e alberghieri. Gli operai sono il 32,6%, mentre il 26,0% lavora da impiegato o addetto ad attività commerciali o nei servizi e solo il 6,1% svolge professioni qualificate (tra gli italiani il 37,3%).
“Il superamento di questa posizione subalterna non avviene neanche dopo una lunga permanenza in Italia, né a fronte di un livello di formazione avanzato: 1 milione di stranieri, pari al 41,1% degli occupati, possiede un grado di istruzione più elevato rispetto alle mansioni che svolge (tra gli italiani si tratta, invece, del 18,5%), a dimostrazione che il livello di studi degli immigrati è generalmente medio-alto (il 10,3% ha una laurea e il 32,4% un diploma: dati del Censimento 2011”). Sono dati del Dossier Statistico Immigrazione curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS per conto dell’UNAR.
RIQUALIFICANO IL SISTEMA PRODUTTIVO NAZIONALE
Il buon andamento delle imprese esportatrici non è bastato a sostenere l’economia italiana (-1,9% del Pil nel 2013 e -0,3% previsto per il 2014) né il livello occupazionale e, come attesta la ripresa dell’emigrazione italiana, manca una riqualificazione del sistema produttivo nazionale. A quest’ultimo hanno assicurato un indubbio sostegno le persone nate all’estero, con le loro imprese (497.080), cresciute anche in periodo di crisi (circa 20mila aziende in più all’anno nell’ultimo biennio). Sono dati del Dossier Statistico Immigrazione curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS per conto dell’UNAR.
SOSTENGONO I PAESI DI ORIGINE
Pur nella precarietà della situazione attuale, gli immigrati, in quanto produttori di reddito, hanno continuato a sostenere i loro paesi di origine e le loro famiglie attraverso l’invio delle rimesse, che sono state, nel 2013, pari a 542 miliardi di dollari a livello mondiale e a 5,5 miliardi di euro in Italia (in calo per via della crisi, rispetto ai 6,8 miliardi del 2012). Sono dati del Dossier Statistico Immigrazione curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS per conto dell’UNAR.
NON PESANO SUL PIANO PREVIDENZIALE. PENALIZZATI NELL’ACCESSO ALLE PRESTAZIONI
Gli immigrati continuano a svolgere un ruolo particolarmente positivo sul piano previdenziale. Grazie alla loro più giovane età (in media 31,1 anni contro i 44,2 degli italiani al Censimento 2011), sono fruitori marginali del sistema pensionistico. Nel 2012 sono stati versati circa 8,9 miliardi di euro di contributi da lavoratori stranieri e in futuro, secondo le stime di IDOS, l’incidenza degli stranieri tra quanti raggiungeranno l’età pensionabile sarà del 2,6% nel 2016, del 4,3% nel 2020 e del 6,0% nel 2025, quando tra i residenti stranieri i pensionati saranno all’incirca 1 ogni 25 (oggi tra gli italiani sono 1 ogni 3).
“In questa difficile congiuntura, il 12,6% delle famiglie in Italia si trova in condizione di povertà relativa e il 7,9% in condizione di povertà assoluta (quota che sale al 9,9% tra gli individui). Le famiglie con almeno un componente straniero sono 2.354.000 (il 7,1% del totale delle famiglie) e al loro interno la disoccupazione desta preoccupazione non solo perché cresciuta rapidamente, ma perché coinvolge maggiormente individui adulti che ricoprono un ruolo determinante nella costituzione dei redditi familiari. Ne deriva un maggiore ricorso alle prestazioni di sostegno socio-previdenziale, che però si scontra spesso con forti e illegittime chiusure a livello comunale, regionale e nazionale”. Sono dati del Dossier Statistico Immigrazione curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS per conto dell’UNAR.
SUPERARE LE DISCRIMINAZIONI PER UNA EFFETTIVA INTEGRAZIONE
In questa edizione del Dossier un’attenzione specifica è stata dedicata alla rilevazione di situazioni di discriminazione degli immigrati, de iure e de facto, in diversi ambiti del loro inserimento nella società italiana: accesso alla casa, canalizzazione verso gli studi superiori, tasso di impiego lavorativo e tenuta occupazionale.
I casi di discriminazione segnalati all’UNAR nel 2013 sono stati 1.142, dei quali il 68,7% su base etnico-razziale.
I mass media rappresentano il fronte più esposto (34,2% delle segnalazioni rispetto al 19,6% dell’anno precedente), specialmente dopo la nomina a Ministro di Cécile Kyenge Kashetu
Consistenti sono anche i casi di discriminazione nei contesti di vita pubblica (20,4% del totale). Accomunati da un’incidenza di poco superiore al 7% di tutte le segnalazioni sono le discriminazioni segnalate nell’accesso al lavoro e ai servizi pubblici, mentre il 5,1% ha riguardato l’accesso alla casa. Valori percentuali minori, ma non trascurabili (attorno al 4%), contrassegnano le discriminazioni denunciate nei confronti della scuola e delle forze pubbliche.
Di particolare importanza è proprio l’accesso all’abitazione, diventato più problematico a causa della crisi del settore: secondo i dati di Scenari Immobiliari, le 40mila compravendite effettuate da stranieri nel 2013 sono meno della metà rispetto a quelle degli anni antecedenti la crisi (erano state 135mila nel 2007) e anche il volume finanziario si è ridotto a 7,8 miliardi di euro (16,8 miliardi di euro nel 2007). Ne è conseguita una maggiore canalizzazione nel mercato degli affitti (spesso discriminatorio) e nei bandi dell’edilizia residenziale pubblica.
In diverse circostanze è stato possibile superare la diversità di trattamento solo a seguito dell’azione giudiziaria, del ricorso alla normativa comunitaria (segnatamente della Direttiva CE sui cittadini non comunitari lungo-soggiornanti) e alla Corte di Giustizia di Lussemburgo. Ad esempio, per tutelare il diritto alle prestazioni di invalidità e all’indennità di accompagnamento, a prescindere dalle condizioni di reddito e di residenza, come anche per tutelare l’accesso all’edilizia residenziale pubblica, è dovuta intervenire la Corte Costituzionale (sentenze n. 40/2013 e 168/2014), mentre per superare la chiusura nel riconoscimento degli assegni per i nuclei familiari con almeno tre figli è stato necessario l’orientamento uniforme della magistratura di merito. Tuttora, a livello amministrativo, si fatica a recepire che i bandi per i concorsi pubblici (tranne alcune ristrette tipologie) non possono essere riservati ai soli cittadini italiani o comunitari. Non mancano le resistenze inverse e, mentre il Ministero della Giustizia ha ritenuto superata la legge sulla stampa (n. 47/1948), circa il requisito della cittadinanza italiana per diventare direttori di testate giornalistiche, qualche giudice di merito non è stato in sintonia con questa apertura.
In ambito sportivo, durante il campionato professionistico di calcio 2013/2014 sono stati numerosi gli episodi di discriminazione legati alla diversa origine razziale o territoriale (118). L’Osservatorio su Razzismo e Antirazzismo nel calcio ha monitorato anche 55 episodi di razzismo (di cui 14 in campo) nel calcio dilettantistico, che coinvolge un numero maggiore di giocatori stranieri o di origine straniera. E molto resta da fare per eliminare le “discriminazioni istituzionali” che impediscono agli stranieri (inclusi quelli di seconda generazione) l’accesso al calcio professionistico.
Particolarmente odiose sono le discriminazioni a motivo della propria fede. Con l’immigrazione la società italiana è diventata strutturalmente multireligiosa e si stima che tra gli stranieri le appartenenze religiose si ripartiscano come segue: musulmani 33,1%, ortodossi 29,6%, cattolici 18,5%, fedeli delle tradizioni religiose orientali 6,4%, evangelici e altri cristiani 5,0% e, a seguire, altri gruppi di ridotte dimensioni tra cui anche gli ebrei. Sono dati del Dossier Statistico Immigrazione curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS per conto dell’UNAR.
GLI STRANIERI DELINQUONO PIÙ DEGLI ITALIANI? MACCHÉ!
Anche la riflessione sulla devianza degli immigrati deve rigorosamente basarsi sui dati statistici. Si evita così la diffusione di pericolosi luoghi comuni, come quello che vuole che gli stranieri siano più propensi degli italiani a commettere reati. E in effetti i numeri statistici del Dossier lo smentiscono. Anzi, affermano esattamente il contrario. Secondo i dati elaborati dalla Direzione centrale di polizia dal 2004 al 2012, in particolare le denunce contro autori noti, le uniche che consentono di individuare immediatamente la cittadinanza, le denunce contro gli italiani sono passate da 467.345 a 642.992 (con un aumento del 37,6 per cento), mentre quelle contro gli stranieri da 224.515 a 290.902 (con un aumento del 29,6 per cento). Per di più, nello stesso periodo, i residenti italiani sono diminuiti, mentre quelli stranieri, pur essendo quasi raddoppiati (da 2.210.478 a 4.387.721), hanno visto diminuire la loro incidenza sul totale delle denunce. Accade così che a fronte di un aumento pari a circa il 100 per 100 del numero di stranieri, l’incremento delle denunce è stato inferiore al 30 per cento. Va anche aggiunto che circa il 17 per cento delle denunce a carico degli stranieri si riferisce alla violazione della normativa sul soggiorno, un reato che gli italiani non posso compiere. Se, dunque, si esclude questo 17%, la media delle denunce a carico degli stranieri diminuisce ulteriormente. Sono dati del Dossier Statistico Immigrazione curato dal Centro Studi e Ricerche IDOS per conto dell’UNAR.