25 Feb 2014
di Vincenzo Intermite
Per quanto fisiologica sia, nell’avvicendarsi dei governi, la scomparsa di alcuni ministri, o, addirittura di alcuni dicasteri, non appaia inutile passatempo da oziosi perdigiorno farsi qualche domanda sul significato più o meno recondito di scelte di questo tipo.
La rosa dei ministri del nuovo governo Renzi non contempla non solo la presenza di Cecile Kienge, ma neppure il ministero per l’integrazione. Così temi di grande interesse e importanza per la determinazione di civili modalità di convivenza fra persone di diverse culture entro gli stessi confini nazionali, quali lo ius soli, la prima accoglienza degli stranieri su suolo italiano, la situazione dei C.I.E., l’integrazione dei bambini, delle donne e degli uomini stranieri nel mondo della scuola e del lavoro, l’educazione di bambini e adulti alla diversità e al reciproco scambio di risorse culturali, sono stati offuscati e marginalizzati. e, nella sostanza, ben poco è cambiato dalla scellerata legislazione del governo Berlusconi-Maroni.
Qual è allora il significato dell’esclusione del Ministero per l’integrazione voluto da Matteo Renzi? Si vuole eludere anche su un piano meramente programmatico l’urgente necessità di riformare la politica italiana in tema di immigrazione? Si vuole continuare ad ignorare la persistenza nei codici italiani di leggi infami e indegne come la legge Bossi-Fini che prevede l’equiparazione fra criminalità e clandestinità e consente la pratica criminale, quella sì, dei respingimenti in mare, in violazione del diritto internazionale? Si vuole continuare a far finta di niente di fronte alle continue sciagure in mare che sono costate la vita a migliaia di persone, pensando di risolvere la questione spendendo qualche lacrimuccia davanti alle telecamere a scopo meramente propagandistico?
A sentire le dichiarazioni in merito rilasciate sin dai primi momenti di vita del suo movimento politico dal leader del Nuovo Centrodestra, Angelino Alfano, che in questo governo avrà la responsabilità del nodale dicastero dell’Interno, la direzione sembra proprio questa: chiusura delle frontiere, atteggiamento discriminatorio sul piano dei diritti civili e sociali nei confronti degli stranieri, mantenimento della Bossi-Fini, conferma dello ius sanguinis, persistenza della pratica dell’internamento a tempo indeterminato in vergognose strutture di detenzione degli stranieri sbarcati su suolo italiano.
Del resto tutto questo si pone in linea con le scelte operate, negli ultimi tempi, da tanti paesi europei: si tratta, dunque, di una linea generale di chiusura e di conservazione nei confronti della presenza straniera in Occidente, nel più totale oblio del fatto che, il processo di globalizzazione dei mercati, dei capitali e delle risorse umane e quello conseguente dell’accentuazione del divario fra Nord e Sud del mondo, determinano necessariamente i movimenti migratori e che, quindi, la soluzione del problema dell’accoglienza e dell’integrazione dei nuovi arrivati è vitale non solo per questi ultimi, ma per i destini degli stessi paesi occidentali che non possono certo pensare di fermare per decreto flussi migratori determinati dalla fame, dalla miseria, dalla guerra, dalla persecuzione politica. L’Occidente ha inventato la globalizzazione, ma pare che non ne abbia compreso fino in fondo la reale portata.
Nell’Ottobre 2013, in occasione delle due tragedie di Lampedusa, da più parti e a gran voce si chiese l’intervento delle autorità governative italiane e dell’Europa: eccola qui la risposta!