ILLEGITTIMITÀ DELL'ESCLUSIONE DEGLI STRANIERI DALLE SELEZIONI PER L'ACCESSO AL SERVIZIO CIVILE NAZIONALE

22 Nov 2011

di Elisabetta Vandelli

In data 20 settembre 2011 l’Ufficio nazionale per il Servizio civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha pubblicato il “Bando per la selezione di 10.481 volontari da impiegare in progetti di servizio civile in Italia e all’estero”.

Tra le condizioni di ammissione, l’articolo 3 del Bando elenca come primo requisito la cittadinanza italiana, prevedendo in proposito che “…sono ammessi a svolgere il servizio civile, a loro domanda, senza distinzioni di sesso, i cittadini italiani…”.

Sussiste discriminazione ogni qualvolta una disposizione realizzi un oggettivo svantaggio rispetto ad altre persone a carico di un appartenente a un gruppo, a meno che tale criterio sia giustificato da una finalità legittima, indipendentemente da qualsiasi intenzionalità discriminatorie.

Ai sensi dell’art. 44 TU immigrazione, il Giudice, laddove riscontri un comportamento discriminatorio nel senso sopra indicato, dispone la cessazione del comportamento e la rimozione degli effetti, garantendo che i soggetti illegittimamente esclusi vengano posti nella medesima condizione nella quale si sarebbero trovati in assenza della discriminazione.

Quanto premesso si osserva a seguito della vicenda di un giovane studente pakistano che vive in Italia da 15 anni, qua si è diplomato e qua frequenta l’ università, e che ha presentato ricorso al Tribunale di Milano per discriminazione, proprio in ragione del fatto che i cittadini stranieri sono stati esclusi dalla partecipazione al Bando citato. Con lui si sono schierati la Camera del Lavoro e la Cisl di Milano, l’ Asgi e Avvocati per niente, queste ultime associazioni, riferendosi alla campagna “L’Italia sono anch’io”, hanno portato l’attenzione sul fatto che molti giovani interessati a questa rivendicazione sono stranieri a causa di una legge sulla cittadinanza ingiusta e anacronistica.

Nell’azione civile contro la discriminazione, la difesa del ragazzo pakistano ha spiegato come la partecipazione a questa esperienza rappresenti un modo per contribuire alla tutela dei diritti della persona, all’educazione alla pace dei popoli e alla solidarietà e cooperazione a livello nazionale e internazionale, anche in considerazione del fatto che oggi il servizio civile si svolge soltanto su base volontaria, e non è dunque più legato all’obiezione di coscienza, in sostituzione del servizio militare, come accadeva fino al 2005. Pertanto e a maggior ragione, l’esclusione dei giovani stranieri dal servizio civile costituisce una discriminazione ingiustificata in contrasto con la Costituzione italiana dove, all’art. 2, si rivolge evidentemente alla più ampia schiera dei consociati, chiamati tutti a concorrere solidalmente al benessere della collettività che vive sul territorio nazionale e della quale essi fanno parte, nel prevedere che “la Repubblica richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” escludendo qualsiasi specificazione sulla cittadinanza.

La riserva operata a favore dei soli cittadini italiani risulta dunque frutto di una scelta discrezionale e non obbligata da parte del legislatore e deve pertanto essere sottoposta al vaglio di ragionevolezza costituzionale, anche alla luce della recente giurisprudenza in tema di parità/disparità di trattamento tra italiani e stranieri per cui si evidenzia che vi è un nucleo irrinunciabile di diritti fondamentali, tra cui sono compresi anche diritti sociali, rispetto ai quali non è ammessa alcuna distinzione tra i consociati, poiché il dovere di solidarietà grava indistintamente su tutti ed è solennemente sancito dall’art. 2 della Costituzione per cui può ben ipotizzarsi che il “diritto” di concorrere in condizioni di parità a detto adempimento con le forme specifiche del servizio civile si possa collocare nell’area dei diritti fondamentali. La difesa del giovane fa anche riferimento alla stretta analogia tra il “contratto di servizio civile” e il rapporto di lavoro (subordinato o coordinato), il quale comporta l’applicazione delle medesime disposizioni che sanciscono, in tale ambito, il principio di parità di trattamento tra italiani e stranieri.

Per tutti questi motivi gli avvocati hanno chiesto al giudice la riapertura del bando consentendo così la partecipazione ai soggetti privi di cittadinanza italiana, o di ricorrere alla Corte Costituzionale per chiedere un’ interpretazione costituzionalmente conforme delle norme del bando, nella parte in cui prevedono il requisito della cittadinanza italiana al fine di accedere al servizio civile volontario, ai sensi degli artt. 2 e 3 della Costituzione.

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