28 Mag 2014
di Mohcine El Arrag
“Nell’economia privata, il lavoro forzato genera annualmente profitti illeciti tre volte superiori a quelli precedentemente stimati”. In particolare, i due terzi del totale stimato di 150 miliardi di dollari, ovvero 99 miliardi, deriverebbero dallo sfruttamento sessuale a fini commerciali, mentre i restanti 51 miliardi sarebbero il risultato dello sfruttamento forzato a fini economici in settori come il lavoro domestico, agricolo e altre attività economiche. Sono alcuni dei dati drammatici contenuti in un nuovo rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO).
«Questo nuovo Rapporto porta la nostra comprensione della tratta, del lavoro forzato e della moderna schiavitù ad un livello superiore», dichiara il Direttore Generale dell’ILO, Guy Ryder. «Il lavoro forzato è nocivo per le imprese e per lo sviluppo, e soprattutto per le sue vittime. Questo rapporto attribuisce un nuovo carattere di urgenza ai nostri sforzi per sradicare il prima possibile questa pratica nefasta, ma estremamente redditizia».
Secondo gli ultimi dati dell’Ilo (2012) ammontano a 21 milioni le persone vittime del lavoro forzato, tratta e schiavitù moderna. “Più della metà delle vittime sono donne e ragazze, principalmente sfruttate sessualmente a fini commerciali e nel lavoro domestico, mentre gli uomini e i ragazzi sono perlopiù sfruttati per fini economici nei settori dell’agricoltura, costruzioni e minerario”.
Per settore economico i profitti generati sono così ripatiti: “34 miliardi di dollari nei settori delle costruzioni, manifatturiero, minerario e servizi. 9 miliardi di dollari in agricoltura, tra cui silvicoltura e pesca. 8 miliardi di dollari risparmiati dalle famiglie che non pagano o sottopagano i lavoratori domestici in condizioni di lavoro forzato”.
Spingono al lavoro forzato innanzitutto “gli shock di reddito e la povertà” e poi “la mancanza di istruzione, l’analfabetismo, la parità di genere e la migrazione”.
«Se dei progressi sono stati raggiunti nella riduzione del lavoro forzato imposto dallo Stato, dobbiamo ora concentrarci sui fattori socio-economici che rendono le persone vulnerabili al lavoro forzato nel settore privato», ha affermato Beate Andress, Direttrice del Programma speciale d’azione dell’ILO contro il lavoro forzato, che elenca anche le necessarie misure di contrasto: “Rafforzare la protezione sociale di base per evitare che le famiglie più povere chiedano prestiti in caso di perdite improvvise dei redditi; investire nell’istruzione e nella formazione professionale per rafforzare le opportunità di lavoro per i lavoratori vulnerabili; promuovere un approccio alla migrazione fondato sul rispetto dei diritti al fine di prevenire il lavoro irregolare e abusi nei confronti dei lavoratori migranti; sostenere le organizzazioni dei lavoratori, in particolare nei settori più vulnerabili al lavoro forzato”.