12 Mar 2013
di Carmen Messinetti e Sergio Trolio*
Abbiamo deciso come Cgil Crotone e Cir di ricordare Measho Ghebremaria Tsegay non per spettacolarizzare una morte, ma per restituire dignità ad una vita, una vita che si è spezzata nella solitudine e nell’indifferenza dei più.
Ricordare e ripercorrere la storia – tragica – di Tsegay, il giovane eritreo morto suicida, ci permette di gettare una luce diversa – al di là della retorica o del paternalismo – su cosa significhi essere rifugiato politico in Italia, ci permette di far capire che la vita dei migranti, contro ogni stereotipo, è un percorso ad ostacoli.
Vite senza valore in una società sorda e distratta. Vite in transito, sfiancate da una burocrazia fatta di timbri, firme, marche da bollo, peregrinazioni tra uffici e tanti “torna domani”.
In assenza di reti di protezione, una vita, che non può più definirsi tale, destabilizza e distrugge soggetti già fragili.
La storia di Tsegay è la storia di tanti rifugiati costretti alla povertà e all’emarginazione. La storia di Tsegay grida il fallimento del sistema dell’accoglienza in Italia che, se sei fortunato, dopo lunghe attese, ti concede il permesso di soggiorno e poi ti abbandona al tuo destino fatto di strada, casolari di fortuna, dormitori e mense per i poveri.
Il sistema di accoglienza italiano è stato bocciato anche da un Tribunale della Germania il quale – accogliendo il ricorso di un cittadino somalo che, in applicazione del perverso meccanismo c.d “Dublino” in base al quale un richiedente asilo è costretto a restare all’interno dei confini del primo Stato di approdo, – ha scritto: “emergono dubbi fondati sulla capacità della Repubblica italiana di offrire sufficienti garanzie a chi chiede protezione internazionale. … in particolare riferimento alla situazione umanitaria e soprattutto economica , sanitaria ed abitativa..”. ed ancora “ la situazione per i richiedenti asilo in Italia è peggiorata in maniera inaccettabile” . Questo dovrebbe far riflettere, dovrebbe indurre ad interrogarci sul perché la Germania riesca ad accogliere, senza il panico sicuritario, 570.000 rifugiati e per l’Italia 60.000 diventano un’emergenza ingestibile.
Come siano stati gli ultimi momenti di Tsegay non lo sapremo mai. Dovremmo solo provare ad immaginare cosa si provi a fuggire da persecuzioni, a dover convivere col pensiero di non poter più ritornare a casa, perché la guerra spezza vite e recide legami. Dovremmo provare ad immaginare cosa significhi dover soffocare ogni giorno il senso di spaesamento ed estraneità nel vivere in un paese straniero, a vivere la pressione psicologica di scadenze ed incombenze burocratiche, spesso inutili e costose, e poi il sostentamento, il lavoro che è sfruttato e sottopagato, la ricerca di un alloggio che quasi sempre è un rifugio, la lingua, il diritto negato alla salute, i tanti diritti negati. E poi il peso dell’umiliazione in un paese anonimo che non ti comprende e ti emargina, ti discrimina e sempre più spesso ti disprezza.
Il sistema dell’accoglienza deve essere rivisitato.
Occorre armonizzare la normativa ed i sistemi di gestione, favorendo un unico, efficiente, coordinato sistema d’asilo dal volto umano. Occorre facilitare la messa in rete delle strutture di accoglienza riportando ad ordinarietà le funzioni dei centri governativi e potenziando i centri di seconda accoglienza e la qualità ed efficacia dei servizi per l’integrazione, incominciando dall’apprendimento della lingua e dal lavoro. Servirebbe sperimentare programmi di housing sociale ed intermediazione sugli affitti, di riqualificazione degli edifici pubblici e privati dismessi, specie nei piccoli paesi spopolati dell’entroterra. Occorrerebbe impostare politiche e programmi, orientare e monitorare le risorse per rispettare diritti e non per oliare la macchina della gestione. L’emergenza permanente produce inefficienza, sprechi, illegalità, ma principalmente, distrugge vite umane.
Per non dimenticare, per scalfire l’indifferenza chiediamo alla Prefettura la convocazione del Consiglio Territoriale per l’Immigrazione ed al Comune di Crotone di attivare, con criteri e regole certe e con continuità nel servizio il Registro dei Senza Fissa Dimora, dedicando la via per le iscrizioni anagrafiche a Measho Ghebremaria Tsegay, perché “gli uomini che si disinteressano non sono veramente uomini”. Leggi
* Carmen Messinetti è Segretaria Confederale della Cgil di Crotone e Sergio Trolio è Coordinatore Regionale CIR Calabria