29 Ott 2012
Il progetto “Esopo”, promosso dall’Inca Francia in collaborazione con i sindacati di alcuni Paesi europei e realizzato dall’Ires Cgil, rappresenta la continuazione di un lavoro già svolto dall’Inca Belgio. Ha lo scopo di favorire una più ampia conoscenza dei regolamenti comunitari sul coordinamento della sicurezza sociale e dei conseguenti diritti-doveri delle persone che vivono e si spostano nell’Unione europea. In particolare, i tre temi che sono stati oggetto dell’indagine riguardano le cure mediche, gli infortuni e le malattie professionali. Per il progetto sono stati distribuiti circa 900 questionari tra i lavoratori e le lavoratrici di alcuni tra i principali paesi dove si registrano significative dinamiche migratorie: Belgio, Francia, Regno Unito, Italia, Slovenia e Spagna. Di seguito i risultati.
Cure mediche. Metà degli intervistati non conosce i propri diritti in materia di cure mediche e molti di loro ammettono esplicitamente questo deficit di conoscenza.
Quasi tutti (85,2 per cento) sanno di avere diritto a una copertura sanitaria nel Paese in cui lavorano e molti (73 per cento) sanno che “se un cittadino UE si ammala durante un soggiorno in un altro Paese UE ha diritto all’assistenza sanitaria nel paese in cui si trova. Tuttavia, per le altre domande il campione si divide in due, tra chi conosce i propri diritti e chi non li conosce.
Il 47,6 per cento non sa che “i cittadini UE hanno diritto a farsi curare in un altro paese UE se la cura non è in quel momento disponibile nel Paese in cui vivono” e il 55,2 per cento non sa che “se un cittadino UE si ammala durante un soggiorno in un altro Paese UE, i costi sostenuti per le cure mediche gli devono essere rimborsati secondo la normativa del proprio Paese”.
La conoscenza maggiore della normativa UE si ha in Slovenia e in Spagna, favorita presumibilmente dalla caratteristica di “transfrontaliero” degli intervistati, che hanno una maggiore consapevolezza dei propri diritti.
Infortuni sul lavoro. Preoccupante è la percentuale di intervistati che dicono di aver subito un infortunio sul lavoro: oltre uno su cinque (22,3 per cento). I risultati confermano le statistiche europee che evidenziano come i rischi per la salute sul lavoro dei migranti siano maggiori rispetto alla media e la percentuale di mancate denunce di infortunio è molto elevata (il 30,5 per cento).
Il 32,5 per cento dice di non averlo denunciato perché di lieve entità; il 19 per cento per la paura di essere licenziato, il 16 per cento perché non conosceva i propri diritti; il 13,5 per cento perché non in regola e il 13,5 per cento perché ha accettato un risarcimento dal datore di lavoro.
L’età e la cittadinanza sembrano influire sulla mancata denuncia. Infatti, le persone con doppia cittadinanza o con la sola cittadinanza non europea sono tra quelli che ne subiscono di più e che li denunciano. Questo potrebbe essere dovuto alla maggiore gravità del danno, che spinge il lavoratore a cercare, malgrado tutto, un riconoscimento e una cura. I lavoratori più giovani, invece, denunciano meno spesso l’infortunio, probabilmente perché hanno meno esperienza e più paura di perdere il posto di lavoro. La percentuale di mancate denunce è inferiore alla media, in Italia e Francia, mentre è considerevolmente superiore, in Spagna (66,7 per cento), Slovenia (37,5 per cento) e in Inghilterra (43,5 per cento).
Malattie professionali. Anche nel caso delle malattie professionali, i dati provenienti dalle statistiche ufficiali sono spesso sottostimati, e questo per tre ragioni principali: a) la difficoltà di dimostrare la correlazione tra patologia e rischio professionale; b) una conoscenza scarsa del problema da parte delle imprese, ma anche dei lavoratori; c) un’attenzione ancora insufficiente da parte delle istituzioni pubbliche per la ricerca e la prevenzione.
Queste tre ragioni si riflettono anche sui risultati della indagine “Esopo”. Infatti, la percentuale di intervistati, che dichiara di aver contratto una malattia professionale è piuttosto bassa (4,8 per cento tra gli uomini, 3,5 per cento tra le donne), confermando la sottostima delle denunce. Tra l’altro, nel caso di lavoratori migranti, a complicare ulteriormente le procedure di riconoscimento di una malattia professionale c’è il fatto che la denuncia va inoltrata nel paese in cui il lavoratore è stato verosimilmente esposto al rischio, che spesso non è lo stesso in cui il lavoratore vive in quel momento.
Quali che siano le ragioni, resta il fatto che circa il 40 per cento dei lavoratori che ritengono di aver contratto una malattia professionale non hanno sporto denuncia, poco meno della metà. Quelli che lo hanno fatto sono per lo più nel Belgio, in Francia e Italia.