28 Set 2011
LA GUIDA/GUIDA ALLE PRESTAZIONI DI SICUREZZA SOCIALE PER I CITTADINI DI PAESI TERZI: ALCUNI CASI CONTROVERSI. PRESTAZIONI ASSISTENZIALI, ASSEGNO DI MATERNITÀ E FAMIGLIE CON ALMENO TRE FIGLI MINORI
A cura di Paolo Fasano, Comune di Ravenna
E’ una guida sull’iter di accesso ad alcune delle principali misure di welfare esistenti, evidenziando principi, istituti e garanzie previste dall’ordinamento nazionale e da quello dell’Unione, anche alla luce delle pronunce delle Supreme Corti. Uno strumento di lavoro per operatori e una guida sui diritti e i relativi strumenti di tutela per i cittadini migranti. Nasce da un progetto cofinanziato da Comune di Ravenna, Cooperativa Sociale Persone in Movimento, Comune di Cervia, Unione Europea, Ministero dell’Interno
LA PUBBLICAZIONE:
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DALLA PREMESSA/“Questo lavoro nasce dalla consapevolezza delle difficoltà in cui si trova il sistema amministrativo italiano per i procedimenti che regolano l’accesso alle prestazioni sociali da parte dei cittadini di Paesi Terzi regolarmente soggiornanti.
Nel 1998, con la legge 40, denominata Turco – Napolitano, poi recepita nel decreto legislativo 286/98, l’Italia si era finalmente dotata di una disciplina organica (e certa!) dei diritti e dei doveri dei cittadini di Paesi Terzi, dopo anni di grave vuoto legislativo. Infatti, nonostante l’articolo 10 c. 2 della Costituzione reciti : “La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali”, fino all’entrata in vigore della legge 40/98 per garantire diritti fondamentali si era fatto ricorso a prassi e circolari senza alcun fondamento normativo, secondo una logica emergenziale.
Negli anni successivi numerose modifiche normative si sono sovrapposte in modo non coerente, determinando contraddizioni di diritto e nelle prassi, in un contesto già sottoposto a forti sollecitazioni per l’effetto dei due principali processi politici tuttora in atto: da un lato quello federalistico e dall’altro quello di integrazione dell’Unione Europea.
L’accesso al welfare da parte dei cittadini immigrati è un terreno su cui si incrociano competenze diverse e talora contrastanti: le Regioni hanno una competenza residuale in materia di assistenza sociale, mentre lo Stato ha competenza esclusiva per la determinazione dei livelli minimi essenziali delle prestazioni. Contemporaneamente l’Unione Europea entra in misura crescente nel settore dell’immigrazione, con la definizione di particolari categorie di cittadini di Paesi Terzi, ed ancor più con il Trattato di Lisbona e l’art. 79 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (di seguito TFUE), fondamento di una politica comune dell’immigrazione. Per quanto riguarda l’Italia, la competenza esclusiva che la Costituzione assegna allo Stato in materia di immigrazione (art. 117 c. 2 lett. a e b) deve necessariamente intrecciarsi con il principio di prevalenza del diritto dell’Unione.
Questi diversi livelli di competenza hanno prodotto una frammentazione dei procedimenti amministrativi e della condizione giuridica dei cittadini migranti, in un quadro storico – politico di contenimento della spesa pubblica e di ristrutturazione dei sistemi di welfare.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: difficile praticabilità dei diritti riconosciuti; incertezza e non uniformità di applicazione dei procedimenti amministrativi; elevato contenzioso tra istituzioni statali, locali e cittadini di Paesi Terzi; gravi ripercussioni per l’autorevolezza delle istituzioni e la coesione sociale.
Le stesse riforme in atto sono messe a dura prova da questi fenomeni, in quanto non è pensabile che una norma che attiene a diritti fondamentali o si occupa di prestazioni sociali che costituiscono diritti soggettivi della persona, possa trovare un’applicazione diametralmente opposta non solo nella stessa regione, ma all’interno di una provincia, tra comuni limitrofi , tra uffici della stessa amministrazione locale, senza innescare una deriva di degrado amministrativo. Non possiamo rassegnarci a bandi per l’assegnazione delle case popolari che modulano l’accesso dei cittadini stranieri in modo profondamente contraddittorio da un comune all’altro, o ad adempimenti obbligatori per il cittadino straniero che in un comune prevedono il normale tributo in bolli ed in quello contiguo ben altri costi, come sta avvenendo per l’idoneità alloggiativa relativa ad un diritto fondamentale quale quello all’unità familiare. La pur dovuta autonomia degli enti territoriali non può evidentemente tradursi in forme di “federalismo domestico”, del “fai da te”, che rappresentano una parodia dei processi federalistici in atto.
Scopo della guida è, allora, ripercorrere l’iter di accesso ad alcune delle principali misure di welfare esistenti, evidenziando principi, istituti e garanzie previste dall’ordinamento nazionale e da quello dell’Unione, anche alla luce delle pronunce delle Supreme Corti. Si tenterà di ricomporre un quadro il più possibile unitario all’interno del quale l’operatore possa riconoscersi con il proprio segmento di competenza e responsabilità, e il cittadino migrante possa accrescere la conoscenza dei propri diritti e degli strumenti di tutela accessibili. In attesa che il legislatore rimetta ordine in un settore cruciale per la vita di tantissime persone”.