26 Nov 2013
di Vincenzo Intermite
Quanto è accaduto il quattro novembre scorso a Villermosa in provincia di Cagliari, ripropone un’antica questione di grande rilevanza e di ardua soluzione, soprattutto per la Repubblica italiana: si tratta dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa, e, oggi che la popolazione straniera è in continuo aumento, del modo di intendere e praticare il rispetto per la dignità delle diverse credenze e dei diversi culti religiosi. I crudi fatti sono questi: una scuola elementare decide di accompagnare le classi presso la locale chiesa dove si sarebbe celebrata una messa per la commemorazione del Milite Ignoto; si presenta, però, un inconveniente: fra gli scolari vi sono due bambini di religione musulmana. Che fare? Obbligarli a seguire un rito religioso che è loro completamente estraneo, calpestando la loro libertà di culto e offendendone la sensibilità religiosa? Far entrare tutti gli altri bambini in chiesa e lasciare a se stessi i due di diversa religione? Affidare i due bambini ad altri, magari gli stessi genitori, in orario scolastico, quando, cioè, la responsabilità sui minori è solo ed esclusivamente della scuola? Di fronte a questo dilemma, le maestre accompagnatrici hanno preso la decisione che è apparsa loro più logica: onorare comunque la memoria del Milite Ignoto fuori dalla Chiesa e senza funzione religiosa.
Su questo episodio è apparso un articolo sul quotidiano Libero firmato da Andrea Morigi nel quale si sostiene che la soluzione adottata sia stata gravemente discriminatoria per i bambini cattolici, nei confronti dei quali, a suo avviso, sarebbe stata addirittura applicata la sharia (!!!) da parte delle autorità civili e scolastiche, oltre che delle maestre accompagnatrici. Per sostenere questa tesi egli insiste molto sulla disparità numerica fra i bambini cattolici e quelli musulmani in netta minoranza. Ma siamo davvero sicuri che questioni di coscienza e di elevatissima delicatezza come la scelta e la pratica del proprio culto religioso possano essere affrontati e gestiti facendo semplicemente la conta e pretendendo che la minoranza si adegui alla maggioranza, come se fosse una mera questione di divergenza di opinioni su fatti esteriori? Un approccio di questo tipo è manifestamente approssimativo e superficiale, oltre che intollerante e discriminatorio: esso configurerebbe una sorta di dittatura della maggioranza in campo religioso.
Uno stato che voglia davvero essere laico e democratico deve assumersi l’impegno di rispettare le minoranze in tutti i momenti della vita sociale, soprattutto in quelli nei quali sono in gioco i diritti fondamentali dell’uomo, che sono riconosciuti non solo dalle leggi ordinarie del nostro Stato, non solo dalla Carta costituzionale della nostra Repubblica, ma anche dal diritto internazionale. Bene, dunque, hanno fatto quelle maestre ad annullare la partecipazione della scolaresca alla messa, e a tenere i bambini tutti insieme fuori dalla chiesa impegnandoli, comunque, in una commemorazione laica dei caduti in guerra; e bene hanno fatto a respingere la proposta dei genitori di accompagnare essi stessi i figli alla funzione religiosa, perché ciò avrebbe creato una situazione ambigua dal punto di vista del dovere di vigilanza sui minori: infatti i bambini o sono presenti a scuola ed allora responsabili sono i docenti e le autorità scolastiche, oppure sono assenti e la responsabilità ricade sulle famiglie: qui si sarebbe configurato il caso di alunni presenti a scuola sui quali la scuola stessa non avrebbe esercitato il dovere di vigilanza.
A queste argomentazioni si potrebbe obiettare che così facendo, pur di non violare la sensibilità degli alunni musulmani, si è calpestata quella dei bambini cattolici, e ciò configurerebbe, come, peraltro, sostiene Morigi, una sorta di dittatura della minoranza; ma questo paradosso è dovuto ad un errore che va ricercato a monte della questione: può una scuola pubblica laica e aconfessionale di uno stato laico e aconfessionale decidere di onorare i caduti in guerra attraverso la celebrazione di una messa, secondo un particolare rito religioso, come se quel particolare credo godesse di una superiore dignità rispetto ad altre fedi?
È, forse il caso di ricordare che sin dal 1984, con il nuovo accordo fra la Repubblica italiana e la Chiesa, detto di Villa Madama, che modifica il Concordato del 1929, è stato abrogato il principio della religione di Stato da questo previsto e con esso anche quello dell’insegnamento della religione cattolica come fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica; ciò in virtù del fatto che quei due principi erano in plateale contraddizione con l’articolo 3 della Costituzione che riconosce a tutti i cittadini, e dunque anche alle minoranze, pari dignità sociale.
Nel rispetto di tale principio, l’istituzione scolastica dovrebbe sempre astenersi da manifestazioni che implichino scelte di tipo confessionale e, dunque, situazioni paradossali e di ardua soluzione come quella verificatasi a Villermosa: si può rendere omaggio alle vittime della guerra o a chiunque altro, anche con iniziative e manifestazioni laiche che non intacchino i diritti fondamentali di chicchessia.
SCHEDA/L’ITALIA È LAICA
Nel 1984 la Repubblica italiana e la Santa Sede hanno riconosciuto che sulla base della Costituzione del 1948 la religione cattolica romana non è più la religione dello Stato. La Corte Costituzionale ha riconosciuto a partire dal 1989 (sentenza n. 203) la laicità come principio supremo dell’ordinamento ostituzionale italiano. In particolare ha statuito che “l’atteggimento dello Stato non può che essere di equidistanza e imparzialità nei confronti di [tutte le confessioni religiose] (…), senza che assuma rilvanza alcuna il dato quntitativo dell’adesione più o meno diffusa a questa o a quella confessione religiosa…”.
SCHEDA/L’ITALIA È MULTIRELIGIOSA
Quello italiano è ormai un panorama multireligioso. Tra i cittadini stranieri sono 2,702 milioni quelli di religione cristiana; 1,651 milioni i musulmani (in diminuzione); 297 mila i fedeli delle cosiddette tradizioni religiose orientali; 51 mila gli immigrati riconducibili a religioni tradizionali e 310 mila gli ebrei, atei, agnostici etc. Lo afferma uno studio del Centro studi e ricerche Idos (stima al 31 dicembre 2011) contenuto nel progetto Religioni, dialogo, integrazione, un vero e proprio vademecum a cura del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno, finanziato dal Fondo europeo per l’integrazione di cittadini di paesi terzi (Fei).