L’ESPULSIONE DI LEONARDA E KHATCHIK IMMOLATI SULL’ALTARE DELL’OPPORTUNITÀ POLITICA

30 Ott 2013

 di Vincenzo Intermite

Non so neppure immaginare che cosa possa provare una ragazza di 15 anni che, sotto lo sguardo allibito dei compagni di scuola e dei suoi insegnanti, viene prelevata con la forza dalla pubblica sicurezza, come fosse la peggiore delle criminali, da un autobus, durante una gita scolastica, per essere espulsa dal territorio francese dove viveva con la famiglia. È la vicenda sconcertante di Leonarda Dibrani, studentessa quindicenne rom kosovara, che, dopo questa disavventura si trova, ora, con la famiglia, a Mitrovica, dove, peraltro, non le viene riconosciuto il diritto all’istruzione. Degno di nota è il fatto che la famiglia di Leonarda avesse più volte inoltrato richiesta di asilo politico e fosse in attesa di un permesso di soggiorno che sarebbe arrivato nel giro di qualche settimana.

Ancora più sconcertanti sono le giustificazioni avanzate dalle autorità francesi, da una parte degli ambienti governativi e in modo particolare da Valls, ministro socialista degli interni. Si sostiene di essersi solo attenuti a quanto previsto dalla legge, che tutto si è svolto secondo i regolamenti, che nessun articolo legislativo è stato violato: argomentazioni da paglietta che non fanno che sottolineare la mancata presa di coscienza della gravità di quanto accaduto ed evidenziare la totale mancanza di sensibilità, almeno di una parte del governo francese, per il dramma dei migranti e della migrazioni.

Solo alcune considerazioni su questo tipo di giustificazioni.

In primo luogo, data l’astrattezza e la generalità da cui la legge deve necessariamente essere caratterizzata, la sua applicazione non può essere cieca e incondizionata, ma richiede una certa dose di buon senso e dunque un certo margine di discrezionalità nell’organo deliberativo: se così non fosse basterebbe saper leggere, scrivere e far di conto per essere uomini di legge. Ammesso che la legge francese preveda l’espulsione degli stranieri in certe circostanze, era davvero necessario agire con le stesse procedure adottate per catturare un terrorista o un pericoloso criminale?

In secondo luogo, non può esserci solo la legge positiva a regolamentare le decisioni di un governo che si dice democratico: al di là e al di sopra di questa, che può anche essere e frequentemente lo è, ingiusta, vi è una legge naturale alla quale tutte le leggi positive di qualunque latitudine devono conformarsi e che comanda di rispettare sempre e comunque la dignità di ogni uomo, da qualunque parte esso provenga, qualunque sia la sua cultura, il colore della sua pelle, il suo status sociale, il suo sesso, la sua religione, le sue condizioni personali. Al di là e al di sopra della legge che comandava l’espulsione di Leonarda ve ne era un’altra che ricordava che quella giovane donna ha una sua dignità e una sua sensibilità che non avrebbero dovuto in alcun modo essere calpestate.

Quelle giustificazioni hanno, in realtà, il sapore della mistificazione: sono quei pretesti che si avanzano per mascherare agli occhi della pubblica opinione, e magari anche ai propri, motivazioni più vergognose e che dunque non debbono emergere alla luce del sole. Non sarà che, dato il grande consenso di cui, secondo i più recenti sondaggi, gode l’estrema destra francese, si stia cercando di guadagnar voti abbracciandone le politiche migratorie e uniformandosi al comune sentire, così da rendere più stabili traballanti seggi e più lontana la fine di qualche mandato ministeriale? Entro questo quadro si capirebbe la brusca accelerazione verso la definitiva soluzione della questione della famiglia Dibrani, e di quella di un altro studente straniero, l’armeno Khatchik Kachatryan, anch’egli espulso negli stessi giorni: per dirla con il commissario Montalbano, bisognava fare tiatro per mandar messaggi al “popolo sovrano”. Solo che si è dimenticato che le pedina sacrificate per salvare la partita erano una giovane donna e un giovane uomo che sulla Repubblica democratica di Francia contavano per costruire il proprio futuro ma della quale ricorderanno, probabilmente, solo le manifestazioni di affetto dei coetanei che per il loro rientro hanno pubblicamente manifestato, e il modo barbaro e brutale con il quale sono stati messi alla porta.

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